La giudice catanese Marisa Acagnino non era idonea a ricoprire l’incarico. È quanto emerge dagli archivi del Consiglio superiore della magistratura. La toga, che la scorsa settimana aveva stroncato il decreto “anti-sbarchi” voluto dal ministro Matteo Piantedosi, condannando i ministeri dell’Interno, della Difesa e delle Infrastrutture al pagamento delle spese processuali per la vicenda dei migranti a bordo della nave Ong tedesca Sos Humanity, era stata sottoposta a diversi procedimenti disciplinari. In particolare perché, «in qualità di presidente di sezione del tribunale di Catania, in violazione dei doveri di correttezza ed imparzialità che debbono informarela condotta delmagistrato, ometteva consapevolmente di astenersi in due cause in cui era parte Carmine Canonico atteso il consolidato rapporto di amicizia e frequentazione».
L’INDAGATO
Canonico, ex generale della guardia di finanza, aveva ricoperto l’incarico di presidente di “Sicilia Digitale”, società partecipata della Regione Siciliana,che si occupa della gestione dell’infrastruttura informatica al servizio della pubblica amministrazione ed era stato indagato perché avrebbe liquidato in proprio favore rimborsi spese non dovuti. Dalle intercettazioni era emerso che la magistrata forniva indicazioni al figlio dell’ufficiale, l’avvocato Ivan Canonico, nello svolgimento delle alcune attività professionali come delegato alle vendite immobiliari. Acagnino, già componente dell’Associazione nazionale magistrati di Catania e candidata sindaco della città etnea con la lista Crocetta, si sarebbe preoccupata di chiedere a Carmine Canonico se il figlio avesse preso la “cosa”facendo riferimento, come scrivono gli inquirenti, alla documentazione inerente proprio una procedura immobiliare.