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Papa Francesco, l'agenda sull'immigrazione? Appiattita su quella delle Ong

Il Pontefice si è sempre dimostrato in sintonia con le politiche portate avanti dai fautori dei porti aperti
di Daniele Capezzone martedì 22 aprile 2025

3' di lettura

Non siamo (e nemmeno amiamo) quel tipo di liberali che pretenderebbero di spiegare alla Chiesa ciò che essa debba dire o fare. In una società basata sulla libertà – che lo spirito di Tocqueville ci protegga e ci illumini tutti – è fondamentale assicurare tanto ai singoli credenti quanto alle confessioni religiose la possibilità di dispiegare pienamente e liberamente la propria predicazione e la propria azione pastorale. Meno che mai ci permetteremmo (celo vieterebbero il rispetto, il senso della misura e dell’opportunità) di alimentare discussioni scomposte in un giorno di lutto. Sono queste le ore della preghiera (per chi crede), del silenzio e della riflessione (per tutti indistintamente).

Al tempo stesso, il rispetto esige sincerità e assenza di untuose ipocrisie. Perché in Italia è così raro che si dica dei morti quel che si diceva su quelle stesse persone quando erano vive? Come scrisse mirabilmente Leonardo Sciascia citando un’espressione di Luigi Pirandello, se i morti sono “pensionati della memoria”, occorrerebbe “pensionarli di verità, non di menzogna”. E dunque – appunto, senza ipocrisie – non si può negare che per molti laici e anche per molti cattolici non tutta la predicazione di Papa Bergoglio sia stata tale da suscitare plauso incondizionato: penso al tema dell’immigrazione, o a un certo approccio alla giustizia sociale non privo di venature pauperiste e anticapitaliste, e penso ancora a una sorta di colpevolizzazione dell’Occidente rispetto a molti dei mali del mondo.

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Ma, più ancora che in termini di merito, c’è una questione di metodo che andrà messa a fuoco dagli storici: la scelta – che ha indubbiamente caratterizzato il pontificato di Bergoglio – di un sistematico interventismo politico e sociale, con il rischio oggettivo di rendere l’agenda della Chiesa in qualche modo sovrapponibile a quella di un’Ong. Se il Papa parla degli stessi temi (e a volte con le stesse parole, argomenti e toni) sui quali intervengono politici, sindacalisti e attivisti, cogliere una differenza, anzi una specialità assoluta, un’unicità irripetibile, diventa più difficile. Eppure la Chiesa – alla larga da un’agenda troppo politica – avrebbe un messaggio di assoluto valore, originalità e potenza da trasmettere: la parola di Dio e la promessa di salvezza evangelica.

Fermiamoci un istante a ragionare su questo aspetto. Prima della rivoluzione cristiana, e quindi in epoca greca o romana, tutto era diverso. Per la filosofia greca (pensiamo a Platone), c'era una superiorità schiacciante del mondo ideale rispetto a quello reale. Gli uomini? Dei poveri esseri rinchiusi in una caverna, incapaci di uscirne, e persi dietro le ombre proiettate sulla parete della caverna stessa, senza poter accedere alla realtà vera. Nella concezione romana, poi, lo status era tutto, e le classi un fondamento sociale imprescindibile.

Ecco, l’improvviso irrompere di una filosofia – il cristianesimo – che presume l’incarnarsi umanissimo del Figlio di Dio, è un colossale riscatto della condizione umana, un improvviso e spettacolare recupero di dignità e centralità dell’uomo. Figurarsi: l’unico Figlio di Dio che condivide la carne, le ossa, il sangue dei poveracci rinchiusi nella caverna platonica. E per giunta, al di là di classi e status, con l’affermazione della piena dignità di ogni singolo individuo, di ogni singola persona.

Non sarebbe – osiamo chiedere – rivoluzionario e potentissimo concentrarsi su questo nucleo di inestimabile valore? È una domanda legittima – a me pare – per laici e credenti. La risposta è affidata alla coscienza e alla sensibilità di ciascuno. E, per ciò che riguarda la Chiesa, alle scelte del prossimo Conclave. Per ora, fermiamoci prudentemente e rispettosamente qui.

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