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L'odissea della giustizia infinita: in 8 anni nemmeno un'udienza

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Francesco Specchia
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Non c’è nulla più della giustizia italiana che determini il concetto proustiano di dilatazione del tempo e di ambizione all’eternità. In Italia servono circa 400 giorni per concludere il primo grado di un processo civile, quasi mille giorni per il secondo grado e circa millecinquecento per il terzo. E c’è un giudice non a Berlino, ma a Roma, il dottore Mario Tanferna della Seconda Sezione Civile del Tribunale Ordinario, che pare intendere questo tripudio di ritardi come una cifra stilistica. Accade che un signore (che intende restare anonimo per ovvi motivi, dato la pochade giudiziaria ancora in corso) sia in ballo con una causa iscritta a ruolo nel 2015 del valore di 5 milioni di euro contro il Cotral, Compagnia Trasporti Laziali, un ente pubblico. Da allora, per la tempistica del procedimento giudiziario, è entrato in scena Proust, a braccetto con Ionesco. Scrive nella pubblica, disperata istanza indirizzata al Tribunale Civile di Roma ai sensi dell’art 174 codice procedura penale, l’avvocato del disperato anonimo, Eugenio Tamborlini: «Nel giudizio con n.r.g. 63280/2015, assegnato al dottor Tanferna, la fase istruttoria si è conclusa all’udienza del 22 marzo 2018.


«PER FERIE» Da quella data, si sono susseguiti ben sette rinvii d’ufficio, che si allegano, sempre per la precisazione delle conclusioni e con le motivazioni più disparate: “per ferie del Magistrato”, “per ragioni di carico del ruolo”, “per esigenze di organizzazione”». Sette rinvii in quasi nove anni non si sono mai visti. Continua il legale: «L’ultimo rinvio ha fissato l’udienza al 16 novembre 2023. Quindi, ben cinque anni e 8 mesi di rinvii per la precisazione delle conclusioni, dopo tre anni di fase istruttoria consistita peraltro nel solo scambio delle memorie previste dall’art. 183 c.p.c.: otto anni e mezzo di causa senza prove orali o consulenza tecnica d’ufficio, con ancora le conclusioni da precisare e le memorie conclusionali da depositare».
Un’inerzia assoluta, quasi artistica. Tra l’altro, riguarda una sezione del Tribunale, la 2°, d’estrema importanza perché tratta le cause in cui la Pubblica amministrazione agisce da privato. «A quanto consta, vi sono oltre 200 giudizi da tempo assegnati al giudice Tanferna e per i quali non è ancora stata fissata l’udienza di prima comparizione. Dai provvedimenti di rinvio d’ufficio allegati, è inoltre agevole constatare la pendenza di ulteriori giudizi assegnati al medesimo Giudice anch’essi interessati da continui rinvii d’ufficio, la cui iscrizione a ruolo risale ormai a diversi anni fa (2015, 2016, 2017, 2018)», prosegue nell’istanza l’avvocato. Il quale ha richiesto la sostituzione del giudice resosi in pratica irreperibile dal 2018. Qui o si tratta di pigrizia letteraria, alla Oblomov.


Qualcuno avanza il sospetto che il dottor Tanferna sia deceduto tra gli archivi, o rapito da un’entità aliena resasi tanto abile da non lasciare tracce nel porto delle nebbie delle aule romane. Ma l’avvocato Tamborlini, per evitare che l’azienda del cliente fallisca, si è intignato nel richiedere la sostituzione di un «altro giudice della medesima sezione». Prima si è rivolto ai presidenti delle singole sezioni, che l’hanno rimbalzato al Presidente stesso del Tribunale; il quale, pur avvolto nella contrizione, ha respinto la richiesta di cambio del magistrato. Probabilment -credo- riferendosi a un precedente delle Sezioni Unite della Cassazione -sentenza 27/01/2014 n° 1516- in cui si assolvevano dei magistrati cui era stato addebitato di avere dilazionato «la decisione di numerose cause mediante rinvii a distanza anche di 4/7 anni, benché sarebbe stata possibile la definizione in termini più brevi in relazione ai carichi di lavoro. E questo mentre altri magistrati avevano invece deciso oltre cento cause per anno negli anni immediatamente successivi al 2010». E, oltre a manciate di sentenze europee sull’ingiusta durata dei processi, assistiamo in questi casi a una spudorata violazione della legge Pinto 2018 legge Pinto, tra l’altro resa di fatto inapplicabile perché si dovrebbero allegare tutti gli atti del giudizio in marca da bollo; e la spesa sarebbe milionaria. Ma tant’è. Evidentemente alcuni giudici lavorano, altri macinano inefficienza e pigrizia leggendarie. Leggendarie, ma non sanzionabili.


GLI INTERESSI
Ma anche se per una grazia del Fato il nostro disperato anonimo dovesse vincer la causa sorgerebbe un altro problema. «Gli interessi legali sono ridicoli, ma gli interessi legati allo spread nelle cause fra aziende molto alti, chiosa Tamborlini. «Provi a calcolare il danno erariale causato dagli interessi moratori al 7-8% per 8 annidi causa su 5 milioni...». Tra conclusionali, repliche, controrepliche, sentenze perdute, l’idea di una giustizia in mani di giudici proustiani, rende il ministro Nordio con la sua idea di rivoluzione, quasi un eroe... 

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