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Vincenzo De Luca: "Nemmeno la magistratura", sfida alle toghe rosse

Hoara Borselli
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Fa politica da quando era ragazzo. Ora ha 75 anni, è stato un brillante sindaco di Salerno e un esuberante presidente della Regione Campania. Viene dal Pci e poi dai Ds e ora sta nel Pd. Ma non passa settimana che non tiri frecciate al suo partito. Si chiama Vincenzo De Luca, ha appena scritto un libro intitolato Nonostante il Pd ed è un libro molto polemico. Si dice che abbia in mente di prendere lui il posto della Schlein.

Presidente, nel suo libro sul Pd lei è molto pessimista. Crede che non ci siano più speranze?
«Guardo in faccia alla realtà per quella che è. Come dicono le Scritture, il riconoscimento dell’errore è l’inizio della salvezza. Trovo irresponsabili le descrizioni celebrative e autoconsolatorie di un Paese che per tanti versi è in declino, anche per responsabilità antiche. Qualcosa ci dice l’ultimo rapporto Censis. Non so quante volte, in questi mesi, abbiamo descritto come “prima per crescita, per ruolo internazionale, per ritrovata dignità, la nazione”. Io apprezzo di questi mesi la difesa dei conti pubblici, ma per il resto siamo ultimi per crescita del Pil 2023, 2024. Rimangono intatti i nodi strutturali».

Quali?
«Cresce ancora il debito pubblico; è pesante il divario occupazionale rispetto ai Paesi avanzati, soprattutto per donnee giovani; la palude burocratico-amministrativa si va perfino accentuando; il Pnrr, nonostante mistificazioni comunicative indecenti, rimane al palo. Aggiungo di mio, che il Sud è cancellato: da un anno e mezzo sono bloccati i fondi Sviluppo e Coesione. È in atto una centralizzazione sconcertante di poteri, funzioni e risorse presso la Presidenza del Consiglio, con una prospettiva gravissima di paralisi operativa. La Sanità pubblica è sottofinanziata e in crisi. Potrei continuare a lungo. Molti problemi, lo ripeto, sono antichi. Ma, francamente, oggi non trovo motivi di ottimismo, anche perché vedo al governo una classe dirigente improbabile. Ovviamente non possiamo rinunciare alla speranza, Diceva Jacques Monod che il destino non è mai scritto finché non è compiuto».

Lei nel suo libro insiste per avere il terzo mandato da governatore. Fa sul serio o in realtà vorrebbe fare il segretario del Pd?
«Non insisto per nulla sul terzo mandato. Combatto la stupidità delle anime morte che, pur parlando ogni minuto di partecipazione, e non avendo mai rischiato in proprio, vogliono decidere da Roma il destino dei territori; combatto gli opportunisti che hanno paura di dare la parola ai cittadini, cioè della democrazia».

Sul Corriere della Sera è uscita l’idea di Gentiloni come federatore della sinistra. Cosa pensa di Gentiloni?
«Gentiloni è una persona competente, seria e civile. Sicuramente è una risorsa».

Diecimila in piazza per il funerale della Cecchettin. Esiste un’emergenza sulla violenza di genere?
«È una vicenda che ha toccato in profondità la sensibilità, la coscienza di tutte le persone perbene. Siamo di fronte a un problema enorme, che chiama alla responsabilità e a un nuovo impegno civile ed educativo tutti (scuola, famiglie, forze dell’ordine, Chiesa, sistema informativo, social). Come sempre, il dibattito ha finito per scivolare su temi alla fin fine banali e consolatori. Trovo assente una considerazione che dovrebbe essere decisiva; libertà e autonomia delle donne significa in primo luogo garantire l’occupazione femminile, un lavoro sicuro. Su questo nessuna parola concreta».

Alleanza con Renzi e Conte?
«Con Renzi, Calenda, Cinquestelle, movimenti civici, e poi con tutti quelli che sono all’opposizione di questo governo. Se ne parlerà dopo le Europee, sulla base di un discorso di verità e responsabilità, e tenendo conto di un sistema elettorale che obbliga alle coalizioni. Occorre ragionare su un programma in grado di parlare alla maggioranza del popolo italiano, capace di persuadere i settori dinamici dell’imprenditoria, ceti professionali e lavoro autonomo; capace di rilanciare il Sud e di parlare di diritti civili senza ideologismi e mantenendo un rapporto di dialogo e confronto con il mondo cattolico; capace di prosciugare la palude burocratico-amministrativa nella quale affonda l’Italia».

Salario minimo giusto o sbagliato?
«Il salario minimo è un obiettivo importante. Ma occorre perseguirlo sulla base di un’analisi seria della realtà del mondo del lavoro. Una impostazione ideologica rischia di produrre effetti contrari rispetto all’obiettivo. Nel mio libro faccio qualche esempio concreto di questo pericolo».

Adesso risponda alla domanda più difficile: mi parli di Elly Schlein...
«Dell’onorevole Elly Schlein ho parlato in modo cordiale nel mio libro, partendo dai dati di fatto. Non vorrei soddisfare completamente la sua curiosità».

È d’accordo sul rilancio del nucleare?
«È indispensabile mettere in campo un grande programma di ricerca sul nucleare di ultima generazione. Questo non deve ridurre l’impegno di oggi per politiche ambientali serie. Poi si valuteranno i tempi necessari per il trasferimento industriale delle nuove tecnologie, e il rapporto costi-benefici in maniera responsabile».

La riforma della giustizia secondo lei si farà?
«Dopo la vicenda Palamara era evidente la necessità di una riforma in profondità del sistema giustizia. Spero che non si dia vita ad una nuova crociata ideologica, e scontri preconcetti tra politica e giustizia. Il ministro Crosetto è una persona perbene. Non avrei fatto quelle sue dichiarazioni. Ma credo abbia voluto segnalare un problema, non riferirsi a fatti precisi. In ogni caso se vogliamo arrivare a una riforma seria, occorre partire da due presupposti: l’autonomia piena della magistratura non è un privilegio di casta, ma un bene prezioso per i cittadini; e poi, il principio che in democrazia nessun potere può essere privo di responsabilità, nemmeno quello giudiziario».

Ma lei era comunista? Le è rimasto qualcosa del Pci?
«L’impegno di una vita a difesa della povera gente e della dignità umana. Sul piano politico il senso dell’organizzazione, la consapevolezza che il cambiamento della realtà richiede studio, competenza, lavoro duro; il realismo politico, cioè la convinzione che non bastano gli slogan, ma occorre ottenere il consenso della maggioranza dei cittadini. E infine, la convinzione che la verità conta più delle ideologie e delle bandiere al vento».

Hanno fatto un cioccolatino dedicato la lei. Ma davvero è così dolce?
«Mi dicono i produttori che quel cioccolatino che non è solo zucchero e cacao, ma ha diversi ingredienti. Come dire che è agrodolce. Se è così, mi si confà. Come è noto, io sono un pacifico guerriero, e... un deluchiano di ferro».

 

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