Todos caballeros, tutti meritevoli di medaglia. Nel caso ci fossero dubbi su quella barzelletta che è il sistema di valutazione dei magistrati affidato all’attuale Csm, e sulla necessità di sostituirlo con un meccanismo un po’ più credibile, ieri sono arrivati i nuovi dati sui giudizi di professionalità delle toghe. Li ha forniti Carlo Nordio, rispondendo a un’interrogazione parlamentare di Enrico Costa. Il deputato forzista ha chiesto quanti siano «i casi di valutazione di professionalità dei magistrati positiva, non positiva e negativa dal 2021 a oggi». Nessuno si attendeva sorprese dalla risposta del ministro, e infatti non ci sono state: l’andazzo è noto, è così da anni, anche perché il Csm è riuscito a vanificare l’unica riforma recente, il fascicolo per la valutazione del magistrato previsto da una legge ordinaria del 2022 ed entrato in vigore nel 2024.
Così le toghe italiane risultano essere bravissime, ad eccezione di una quota infinitesimale. Dal primo gennaio al 21 ottobre, ha fatto sapere il guardasigilli, sono stati valutati 1.222 magistrati: di costoro 1.206 (il 98,7%) hanno ricevuto dal Csm un giudizio positivo, 6 (lo 0,5%) una valutazione non positiva e appena 10 (lo 0,8%) una valutazione negativa. Poco o nulla è cambiato rispetto al 2021: in quell’anno, su 2.103 magistrati ordinari valutati, 2.092 ebbero un giudizio positivo (il 99,5%), 4 non positivo (lo 0,2%) e 7 un voto negativo (0,3%).
La spiegazione è nei metodi adottati dal Csm. La “Circolare sui nuovi criteri di valutazione di professionalità”, approvata all’unanimità nei mesi scorsi, prevede che tra i requisiti per avere giudizio positivo ci sia «l’assenza di gravi anomalie». Per i magistrati giudicanti, significa che la riforma o l’annullamento delle sentenze nei gradi di giudizio superiori non devono avere «carattere significativo rispetto al complesso degli affari definiti dal magistrato»; allo stesso modo, per i pubblici ministeri, il rigetto delle richieste da parte dei giudici non deve assumere «carattere significativo rispetto al complesso degli affari definiti dal magistrato».
Dipende tutto, insomma, da cosa s’intende per «significativo». Quando il numero di errori lo diventa? Lo spiega la stessa circolare: «Quando, rispetto al complesso degli affari definiti dal magistrato, oltre due terzi dei provvedimenti o delle richieste (...) risultano annullate, riformate o rigettate». In parole povere, un magistrato che sbaglia due volte su tre è comunque degno di ricevere un giudizio positivo, e questo spiega perché il 99% di loro sia promosso.
Da questa valutazione, fatta dal Csm ogni quattro anni sulla base di un parere del consiglio giudiziario del distretto in cui lavora il magistrato, dipende la carriera di quest’ultimo. Trasferimenti ad altra sede, conferimento di funzioni (anche in Corte di Cassazione), nomina a ruoli direttivi (presidente di tribunale, procuratore capo, eccetera) e autorizzazioni a incarichi esterni (insegnamento universitario o consulenze) sono condizionati da un giudizio nel quale è quasi impossibile ottenere un voto negativo. Il magistrato “bocciato”, peraltro, non perde il lavoro, ma solo il diritto all’aumento automatico dello stipendio: per essere “dispensato” dal servizio deve risultare negativo anche nella valutazione successiva, due anni dopo.
Chi ha in mano le leve della macchina per valutare i magistrati, insomma, controlla la categoria. E oggi questo potere lo hanno le correnti della magistratura rappresentate nel Csm. «Se tutti sono valutati come “bravissimi”», tira le somme Costa, «le correnti possono fare il bello e il cattivo tempo e scegliere “discrezionalmente” chi nominare ai vertici degli uffici giudiziari. Bravi e meno bravi sono sullo stesso livello e il meno capace, sostenuto da una corrente, può superare il più capace. Tra uno che fa bene le indagini e uno che registra ripetuti flop non c’è differenza». Perde la meritocrazia, vince la consorteria: non serve lavorare meglio degli altri, conta solo avere l’appoggio della corrente giusta.
La riforma costituzionale su cui si voterà in primavera punta a spezzare questo meccanismo sostituendo l’elezione dei consiglieri togati del Csm, che arrivano lì indossando la maglietta della propria corrente e non se la tolgono per tutto il mandato, con il sorteggio. Saranno estratti a sorte tra i magistrati due terzi dei componenti del Consiglio superiore della magistratura giudicante e di quello della magistratura requirente, che si occuperanno delle valutazioni di professionalità e dei trasferimenti e degli avanzamenti di carriera dei loro colleghi. Con lo stesso metodo saranno “pescati” nove dei quindici giudici dell’Alta Corte, che eserciterà la giurisdizione disciplinare sui magistrati. È il sorteggio, l’arma che promette di far saltare la camarilla delle correnti, il motivo principale per cui queste e l’Anm, che tutte le rappresenta, contrastano la riforma e chi l’ha voluta.