Il futuro democratico secondo Letta? Popstar in pensione e vino rosso
Tre giorni a Vedrò, il think-net di Enrico? Ospiti vecchi, parole chiave oscure, qualche sbronzo. E un dubbio: non è che son tutti qua per trombare?
di Selvaggia Lucarelli Sono reduce da tre giorni piuttosto intensi a Vedrò, che per chi non lo sapesse è il think net promosso da Enrico Letta e presieduto da Benedetta Rizzo, nato per riflettere sulle declinazioni future dell'Italia e delineare scenari provocatori, ma possibili, del nostro Paese. Ovviamente, la descrizione di cosa sia l'evento l'ho copiata para para dal sito di Vedrò, anche perchè è evidente che non ho la più pallida idea di cosa voglia dire think net e secondo me anche Enrico Letta utilizza il termine per confondere gli avversari politici come la Minetti diceva «briffare» per confondere le amiche chips. Voglio dire. Provate a pronunciare a voce alta la frase: «Vado tre giorni nella centrale Fies di Dro per la plenaria prevista dal think net di Vedrò» e come minimo entro cinque minuti vi citofona la Digos a casa. Inoltre, ad essere proprio onesta, confesso che definizioni a parte, dopo la divertente full immersion sul lago di Garda, riguardo la reale identità dell'evento ho le idee parecchie confuse. Esistono, al riguardo almeno tre correnti di pensiero. La prima sostiene che a Vedrò si vada per confrontarsi con politici, scrittori, artisti, giornalisti, ballerine di danza classica, sbandieratori medievali e bracconieri di caprioli sui temi più svariati, dalla nuova impresa, alle energie rinnovabili, alla ricetta del castagnaccio. La seconda sostiene che a Vedrò si vada per curare le pubbliche relazioni, poiché è un incontro trasversale e vivace, assolutamente bipartisan e popolato da volti freschi e propositivi della politica e del giornalismo del nostro Paese. La terza sostiene che a Vedrò si vada per trombare ed è anche quella che raccoglie più consensi, ma queste sono tesi che trovano conferma solo dopo la chiusura dell'evento, quando si torna a casa da Vedrò e non si RiVedrà più né la propria moglie né la casa coniugale. Leggi l'articolo integrale di Selvaggia Lucarelli su Libero in edicola oggi, giovedì 30 agosto