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In aula si parla del bambinorapito dalla polizia: e i politici scappano

Eliana Giusto
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di Gianluca Roselli Hanno resistito fino al venerdì mattina. Perché c'era da votare la quarta fiducia sulla delega fiscale. Presenti 430 deputati. Poi però, via, tutti a casa. O meglio, a prendere treni e aerei per rientrare nelle città di origine. E così, verso le undici, quando il presidente Gianfranco Fini ha dato la parola  al sottosegretario all'Interno Carlo De Stefano per l'informativa urgente del governo sul caso del bambino di Padova portato via a forza dalla polizia, l'Aula di Montecitorio si è svuotata, restando con una settantina di deputati. «Una folgore si è abbattuta sulle teste degli onorevoli facendoli balzare in piedi, in pochi istanti un flusso di correnti trasversali s'è incanalato verso un estuario surreale dove strane creature umane, in uno stato di alterazione della coscienza, in fila, a trenino, si spingevano, arrancavano, inciampavano, in un coacervo di panze, tacchi e sudore, nella speranza di trovare lo sbocco di un fiume in piena. L'apocalisse? No, l'uscita. In molti si sono ricordati che è venerdì», racconta con dovizia di particolari il sito “Il portaborse.com”.  Alfano tra i presenti - E chi era in Aula conferma: appena terminate le votazioni sul fisco gli onorevoli se la sono data a gambe, accalcandosi verso l'uscita. In Aula sono rimasti in pochi: una quarantina dei deputati del Pdl, tra cui il segretario Angelino Alfano e Nunzia De Girolamo (che ha preso la parola), neanche una ventina di esponenti del Pd, quasi nessuno dell'Udc, qualche finiano e qualcuno dell'Idv, partito che aveva chiesto l'informativa. In totale, al massimo, una settantina di deputati (contro i 430 di pochi minuti prima). Davvero pochi se confrontati alle parole di sdegno che la politica, il giorno prima, ha dedicato alla vicenda. Ma tant'è: la settimana di voto era finita, quindi perché perdere tempo ad ascoltare le parole di un sottosegretario sul caso del giorno? Il tema delle assenza in Aula, del resto, è una nota dolente del Palazzo. Giusto un paio di settimane fa, per esempio, in Senato si è dovuta interrompere una votazione perché la vicepresidente Rosi Mauro se n'era andata («ho un aereo da prendere», la sua giustificazione) e non c'era nessuno a sostituirla.  Tornando a Montecitorio, era stato lo stesso Fini a inizio legislatura a sbilanciarsi in una promessa: alla Camera si lavoreranno meno ore ma spalmate su più giorni. Ovvero attività dell'Aula dal lunedì pomeriggio al venerdì mattina. Parole rimaste irrimediabilmente sulla carta. Perché la maggior parte dei deputati, come accade da anni, arriva a Roma il martedì mattina per ripartire il giovedì pomeriggio. Come dimostra l'affluenza al desk riservato ai politici all'aeroporto di Fiumicino. Insomma, forse bisognerà aspettare il prossimo Parlamento per vedere gli onorevoli impegnarsi come tutti i loro concittadini, dal lunedì al venerdì.  Scuse del governo - Per la cronaca, tornando alla vicenda padovana, De Stefano ha chiesto scusa a nome del governo, pur ammettendo che l'intervento della polizia era giustificato. «La scena del trascinamento del minore richiede che vengano espresse le scuse del governo perché si è trattato di un comportamento non adeguato a un contesto ambientale ostile e difficile che doveva suggerire altre condotte», ha detto il sottosegretario. Aggiungendo però che «l'intervento della polizia era determinato dalla necessità di dare assistenza agli operatori sociali per attuare il provvedimento giudiziario adottato alla tutela del minore».  Sulla questione usa la prudenza la titolare del Viminale Anna Maria Cancellieri, che aspetta l'indagine interna del capo della polizia Manganelli. «Prima di giudicare voglio conoscere bene i fatti. Aspettiamo per capire con esattezza cosa è successo», dice il ministro. I politici, intanto, continuano a indignarsi. «Non bisogna minimizzare, ma andare a fondo per capire cosa è successo», dicono un po' tutti. Salvo poi andarsene quando in Parlamento si discute del caso. 

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