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Travaglio & Co rinviano la quotazione in borsa

Matteo Legnani
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Se ne parla da un anno del Fatto quotidiano in borsa. Risale infatti all'ottobre 2013 l'annuncio di Padellaro, Travaglio e Gomez di volersi quotare, chiedendo aiuto ai lettori. Una decisione presa anche in considerazione del calo di copie vendute e della pubblicità, che ha cospicuamente ridotto gli introiti del quotidiano. Ma, come scrive oggi Il giornale tutto è stato rinviato. Gli advisor Integrae Sim, Studio Nctm e Ubi Banca erano pronti. E' accaduto, però, che gli azionisti non abbiano trovato l'accordo sul nuovo statuto sulla conseguente governance. Il Fatto è frutto di una partnership tra giornalisti (oltre a Padellaro e Travaglio anche Peter Gomez, Marco Lillo e l'ex magistrato Bruno Tinti sono soci) che hanno il 35% circa e investitori tra i quali l'ad Cinzia Monteverdi, la casa editrice Chiarelettere e l'editore Francesco Aliberti. Attualmente nessun azionista singolo ha più del 16,26%, mentre redattori e investitori hanno titoli di categorie diverse. Attualmente, il cda vede il direttore Padellaro come presidente e i fondatori Travaglio e Gomez come consiglieri in un board a sette elementi. Ma la quotazione richiede l'apertura del cda e quindi un ridimensionamento delle presenze giornalistiche. Alla fine, il compromesso è stato trovato su una bozza di statuto che fisserà nel 15% il tetto massimo per singolo azionista. In questo modo, scrive ancora Il giornale, nessuno potrà "comprarsi" il quotidiano. E questo farà indubbiamente perdere appeal al titolo.

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