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Giovanni Brusca: "La mafia voleva riempire la spiaggia di Rimini di siringhe infette di Aids"

Andrea Tempestini
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Dopo la strage di Capaci, Cosa Nostra aveva spiegato un "cambio di strategia": nel mirino ci doveva finire il patrimonio dello Stato, attraverso un "attentato alla torre di Pisa o depositando siringhe infettate dall'Aids sulla spiaggia di Rimini". Lo ha riferito Giovanni Brusca, il collaboratore di giustizia che negli anni '90 fu reggente del mandamento di San Giuseppe Jato. Brusca è stato ascoltato come teste in videoconferenza dal carcere nel processo a Milano a carico di Filippo Marcello Tutino, ritenuto il basista della strage di via Palestro avvenuta il 27 luglio 1993. Il "suggerimento" - Successivamente all'arresto di Totò Riina avvenuto nel 1993, secondo quanto ha affermato Brusca - imputato nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia -, la strategia stragista venne "portata avanti da Leoluca Bagarella". Per il collaboratore di giustizia, a suggerire il cambio di strategia - colpire il patrimonio, e non più le istituzioni - sarebbe stato l'ex estremista di destra Paolo Bellini. "Sospettavamo che Bellini facesse parte dei servizi segreti - ha spiegato Brusca -, abbiamo scoperto che aveva contatti con i carabinieri".

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