Cassazione choc: se una minorenne si fa selfie porno non è reato diffonderli ad altri
Lo dice la Cassazione: se una minorenne si fa dei selfie porno e poi li invia ai suoi amici e questi, a loro volta, li diffondono ad altri ragazzi, non è un reato. Perché la legge contro lo sfruttamento sessuale degli adolescenti puniscono la cessione di materiale pedopornografico "ma a condizione che lo stesso sia stato realizzato da soggetto diverso dal minore raffigurato" dal momento che la legge distingue "l'utilizzatore" del materiale "dal minore utilizzato". L'iter della sentenza - La Cassazione ha respinto il ricorso del pm del Tribunale dell'Aquila contro il non luogo a procedere emesso dal Tribunale dei minori del capoluogo abruzzese nei confronti di dieci ragazzi (sei femmine e quattro maschi) che avevano girato ad altri (e, da questi, ad altri ancora) i selfie hot ricevuti dalla loro amica. In Cassazione, la Procura dell'Aquila ha sostenuto - chiedendo l'annullamento del proscioglimento dei dieci minorenni - che deve essere punita la diffusione del "materiale raffigurante un minore tout court, indipendentemente da chi e come l'abbia prodotto (quindi, anche nel caso in cui sia stato realizzato autonomamente dal minore medesimo)". Ad avviso degli "ermellini", invece, le norme contro lo sfruttamento sessuale dei minori, che hanno ricevuto gli ultimi aggiustamenti nel 2006 "per non lasciare zone grigie", non puniscono la diffusione di «materiale pornografico minorile 'ex sè, quale ne sia la fonte, anche autonoma, ma soltanto materiale alla cui origine vi sia stato l'utilizzo di un infradiciottenne, necessariamente da parte di un terzo, con il pericolo concreto di diffusione del prodotto medesimo». La ratio - Secondo la Suprema Corte, "la punibilità della cessione è subordinata alla circostanza che il materiale pornografico sia stato realizzato da terzi, utilizzando minori, senza che dunque le due figure possano in alcun modo coincidere". La Procura della Cassazione rappresentata da Fulvio Baldi - consigliere molto sensibile in tema di reati sessuali e tutela dei soggetti più deboli - aveva invece chiesto l'annullamento con rinvio dei proscioglimenti.