La grossa grana di Papa Francesco: la tentazione di tenersi i pedofili
La tolleranza zero promessa da Jorge Mario Bergoglio contro i preti pedofili rischia di infrangersi sul primo vero ostacolo: il caso di monsignor Carlo Alberto Capella, accusato di pedopornografia in Canada. Il sacerdote avrebbe posseduto e distribuito immagini pornografiche di bambini e adolescenti, scaricate con il computer durante un soggiorno fatto nel paese governato da Justin Trudeau tra il 24 e il 27 dicembre scorsi. Le prove nei suoi confronti sono gravi, al punto che le autorità canadesi hanno redatto per lui un ordine di arresto, come avrebbero fatto con chiunque si fosse trovato nelle stesse condizioni. Ma Capella non è una pecorella come le altre e nemmeno un pastore qualunque: all' epoca dei fatti egli era un membro della nunziatura della Santa Sede accreditato a Washington. Un diplomatico, insomma. E proprio questo ruolo, secondo quanto riferito ieri dall' Ansa, consentirebbe al Vaticano di invocare l' immunità nei confronti del prelato. Una scelta che l' agenzia di stampa ritiene scontata e che sarebbe clamorosa, perché difficilmente conciliabile con la linea dura varata dal papa. Oltretevere smentiscono: «Non c' è alcuna richiesta di estradizione arrivata dal Canada», ha assicurato in serata il direttore della sala stampa, Greg Burke. Resta da capire, però, cosa deciderà di fare Bergoglio se la pratica giungerà sul suo tavolo. Di sicuro, come hanno scritto i giornali canadesi a fine settembre, senza ricevere smentita, la richiesta di arresto è stata emessa. Il monsignore era stato richiamato da Washington a Roma poche settimane fa, appena si era capito che stava finendo nei guai. Il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, nei giorni scorsi ha ammesso che quella di Capella è una vicenda «dolorosissima» e ha promesso serietà e «massimo riserbo» da parte della giustizia della Santa sede, che ha aperto una propria inchiesta sul sacerdote e molto probabilmente si assumerà il compito di processarlo. Lui intanto è confinato nel Collegio dei penitenzieri in Vaticano. Lontano dai riflettori e dallo scandalo che susciterebbe un processo pubblico in Canada. Sotto esame non c' è solo il sacerdote incriminato. I giornali, soprattutto quelli progressisti, dipingono Francesco come il papa che ha avuto il coraggio di imprimere alla Chiesa una svolta non solo nella dottrina sociale, ma anche nel trattamento riservato ai sacerdoti pedofili. La vulgata dice che con l' arrivo di Bergoglio sono saltate le connivenze e le omertà che in Vaticano proteggevano gli autori di reati sessuali. Francesco, del resto, è il papa che nel marzo del 2014 volle istituire una commissione per fare luce sullo scandalo della pedofilia, chiamando a parteciparvi anche alcune vittime degli abusi. Ha avuto parole durissime per le colpe di quei sacerdoti, definite «una mostruosità assoluta, un orrendo peccato, radicalmente contrario a tutto ciò che Cristo ci insegna», e ha annunciato, nemmeno un mese fa, un giro di vite alle regole: niente più grazia per i preti colpevoli di reati su minori, niente ricorsi in appello se gli abusi saranno stati provati nel primo grado di giudizio, fine della pratica di spostare un prete pedofilo da una diocesi all' altra. Stendere su Capella la protezione dell' immunità diplomatica e sottrarlo alla giustizia canadese per affidarlo a quella, inevitabilmente più bonaria, dei magistrati vaticani, consegnerebbe all' opinione pubblica un Bergoglio tutt' altro che intransigente, un capo di Stato intenzionato a proteggere i «suoi» uomini anche quando commettono quei peccati che lui si è impegnato a estirpare. Una perdita di credibilità che Francesco, il papa che ha fatto dell' immagine di rivoluzionario la propria forza, non può permettersi. di Fausto Carioti