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Coronavirus, il paziente uno non deve morire: la task force per Mattia, perché è così importante salvarlo

Gabriele Galluccio
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Salvare la vita a Mattia, il paziente uno, è "la missione più difficile in corso in Europa". Parola di Raffaele Bruno, direttore del reparto di malattie infettive del policlinico San Matteo di Pavia. Oltre trenta medici, infermieri e specializzandi lottano giorno e notte per salvare il dirigente dell'Unilever di Casalpusterlengo, e non solo. Ma perché è così importante il paziente uno? Secondo Repubblica, sarebbe una formidabile iniezione di fiducia per la scienza, oltre che un "imperativo morale" per restituirlo alla famiglia: la moglie partorirà il primo figlio tra un mese. A sette giorni dalla scoperta del contagio, Mattia è sedato, incosciente e intubato perché non autonomo nella respirazione. In Italia le vittime sono tutte persone anziane che avevano sì contratto il coronavirus, ma presentavano casi clinici complessi e una somma di patologie. Mattia invece è giovane, sano e sportivo: ciò lo rende a sorpresa il paziente più grave colpito esclusivamente dal Covid-19. "Ma il problema - dice Bruno a Repubblica - è che resta impossibile prevedere il decorso dell'infezione. Altri sono già guariti, lui invece è stabile dal primo istante. L'imprevedibilità è il marchio dei virus sconosciuti". Per approfondire leggi anche: "È in Italia sottotraccia da mesi"

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