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Papa Francesco a gamba tesa contro il governo: attacca i "populismi" e rievoca la guerra mondiale

di Davide Locano domenica 13 gennaio 2019

2' di lettura

Dito puntato di Papa Francesco contro i "populismi". Il Pontefice attacca nel corso dell'udienza al corpo diplomatico presso la Santa Sede: in un discorso di nove pagine, il Papa rievoca il "periodo tra le due guerre mondiali", quando "le propensioni populistiche e nazionalistiche prevalsero sull'azione della Società delle Nazioni". E ancora, si dice preoccupato poiché "il riapparire di tali pulsioni sta indebolendo il sistema multilaterale, con l’esito di una generale mancanza di fiducia, di una crisi di credibilità della politica internazionale", e di una "progressiva marginalizzazione dei membri più vulnerabili della famiglia delle nazioni". Riferimenti chiarissimi, quelli del Pontefice, che parla proprio dello scenario politico attuale. E, bene ribadirlo, lo fa rievocando periodi pre-bellici, nel dettaglio gli anni che ci condussero alla Seconda guerra mondiale. Parole pesantissime e destinate a far discutere. Leggi anche: Il macellaio che batte Papa Francesco Bergoglio continua affermando che "nella nostra epoca, preoccupa il riemergere delle tendenze a far prevalere e a perseguire i singoli interessi nazionali senza ricorrere a quegli strumenti che il diritto internazionale prevede per risolvere le controversie e assicurare il rispetto della giustizia, anche attraverso le Corti internazionali". Tale atteggiamento è "talvolta frutto della reazione di quanti sono chiamati a responsabilità di governo dinanzi a un accentuato malessere che sempre più si sta sviluppando tra i cittadini di non pochi Paesi". Secondo il Papa, la gente percepisce "le dinamiche e le regole che governano la comunità internazionale come lente, astratte e in ultima analisi lontane dalle loro effettive necessità". Dunque il vescovo di Roma afferma di ritenere opportuno "che le personalità politiche ascoltino le voci dei propri popoli e che ricerchino soluzioni concrete per favorirne il maggior bene", ma "ciò esige tuttavia il rispetto del diritto e della giustizia tanto all’interno delle comunità nazionali che in seno a quella internazionale, perché soluzioni reattive, emotive e affrettate potranno sì accrescere un consenso di breve respiro, ma non contribuiranno di certo alla soluzione dei problemi più radicali, anzi li aumenteranno".

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