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Parma, terrore grillino: se critichi ti tagliano lo stipendio

Il sindaco Pizzarotti vieta i commenti negativi (anche su web) e le interviste pena la decurtazione salariale: "Io non rispondo alla minoranza"
di Giulio Bucchi domenica 16 febbraio 2014

3' di lettura

A Parma il Comune a guida grillina istituisce il divieto di critica per i dipendenti. Chi si permette di contestare l’operato dell’amministrazione rischia fino a dieci giorni senza stipendio. È la nuova frontiera della democrazia partecipata a Cinque Stelle. Il provvedimento che imbavaglia i 1.300 dipendenti è scritto nel nuovo codice di comportamento approvato dalla giunta. E il divieto, per i teorici della democrazia della rete, vale anche per Facebook e simili. Obbligatorio quindi «astenersi dall’esprimere giudizi sull’operato dell’ente che possano recare danno o nocumento», e «anche nell’ambito dei social network».  Per maestre, educatori e coordinatori pedagogici il niet è ancor più drastico, oltre che assai più esplicito: «Nel rapporto con i genitori - è scritto nel codice - il personale deve astenersi dal fare commenti o esprimere giudizi sulle scelte dell’amministrazione nell’ambito delle politiche educative». Come dire: le scelte politiche sono insindacabili e inappellabili. Chi si permette di violare il buon nome del Comune non sarà pagato per quattro ore del suo lavoro. Ma la giustizia rivoluzionaria grillina si abbatte con  ferocia contro i funzionari che affidano al web le proprie critiche. In questo caso, il malcapitato potrebbe trovarsi sulla scrivania un provvedimento disciplinare con sospensione dal servizio, senza retribuzione, per dieci giorni. E dal movimento che ha sdoganato le liste di proscrizione per i giornalisti, non ci si poteva che aspettare una ferrea intransigenza nel contrastare ogni genere di legame tra i dipendenti e il mondo dell’informazione. «Il personale non è autorizzato a intrattenere rapporti diretti con i mezzi di comunicazione, a rilasciare dichiarazioni o interviste» è scritto nel testo. Chi sgarra è condannato a quattro ore di lavoro non pagate.  Dallo staff del sindaco fanno quadrato attorno al primo cittadino: «Il codice? È così ovunque, anche nella stessa Provincia di Parma». Per la verità in Provincia i toni sono molto più soft e assai meno perentori. Qui la giunta si limita a vietare comportamenti «che possano nuocere all’immagine» dell’ente e «dichiarazioni che vadano a detrimento dell’immagine dell’amministrazione». E comunque si lascia la possibilità ai dipendenti di esprimersi «a titolo personale».  Del resto, che i rapporti tra la giunta pentastellata e i dipendenti fossero tesi lo si sapeva da tempo. Forse tanta intransigenza non è casuale. Presentando il suo libro (“Il primo cittadino”), Pizzarotti è riuscito a far infuriare sindacati e funzionari per alcune accuse ai dipendenti che avrebbero «visto e sentito degli illeciti e che sono stati zitti», nel pieno degli scandali giudiziari che portarono alle dimissioni dell’ex sindaco Vignali. Quanto alla politica, il sindaco nel suo pamphlet ha chiaramente detto che cosa vuol dire per lui ascoltare le opposizioni: «Io per definizione non rispondo alla minoranza, io devo dar conto ai cittadini». Infatti, coerentemente, dopo aver imposto il silenziatore ai dipendenti, ha annunciato: nel prossimo statuto comunale «ridurremo i tempi di intervento dei consiglieri. Ora hanno 10 minuti per intervento e 5 per le dichiarazioni di voto, che sono sempre politiche e mai di merito. Sono troppi». Qualche giorno dopo Pizzarotti dichiarava: a Parma «la partecipazione non è quella parola svuotata di senso utilizzata da tutti i politici. Per noi ha tutto il suo enorme significato e valore».  Partecipazione senza dissenso, dunque. Eppure il dissenso non manca.  Deluse sono molte famiglie, che lamentano la soppressione del quoziente Parma, il successivo «raddoppio delle rette di asili e materne», la più recente «introduzione di una scontistica inadeguata», lamenta Massimo Armillotta, a capo del comitato, che conta 300 iscritti tra mamme e papà. Delusi  molti ambientalisti, e non solo, che speravano di aver trovato nei Cinque Stelle gli anti-politici capaci di bloccare l’inceneritore di Ugozzolo, ma si trovano oggi un impianto fumante alle porte della città. Nonostante i vaffa lanciati da Grillo in campagna elettorale.  di Filippo Manvuller  

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