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Papa Francesco lancia l'appello in piena emergenza coronavirus: "Non dimenticatevi degli immigrati"

di Gianluca Veneziani venerdì 13 marzo 2020

3' di lettura

Non poteva trovare modo peggiore per festeggiare i sette anni del suo pontificato, che cadono proprio oggi. Mentre impazza ovunque l' emergenza coronavirus, Papa Francesco sembra non accorgersi di quale sia il dramma attuale del pianeta e continua a ripetere in modo ossessivo la sua litania sui migranti, a lanciare il suo monito contro il virus dell' indifferenza e dell' intolleranza, a far intendere che è questa la vera pandemia da temere. Nell' omelia della messa di ieri, trasmessa in streaming e senza fedeli, Bergoglio ha invitato a non usare il coronavirus come un pretesto per dimenticarsi degli immigrati. «Forse noi oggi qui, a Roma», ha detto, «siamo preoccupati perché "sembra che i negozi siano chiusi, io devo andare a comprare quello"; sembra che non posso fare la passeggiata tutti i giorni; sembra questo...". Preoccupati per le nostre cose, dimentichiamo i bambini affamati, dimentichiamo quella povera gente che ai confini dei Paesi cerca la libertà, questi migranti forzati che fuggono dalla fame e dalla guerra e trovano soltanto un muro: un muro fatto di ferro, un muro di filo spinato, un muro che non li lascia passare». Già due giorni fa Francesco aveva esortato a ricordarsi dei profughi «che stanno soffrendo al confine tra Grecia e Turchia», asserendo: «Non vorrei che questo dolore, questa epidemia tanto forte ci faccia dimenticare i poveri siriani».

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CONFORTO
Due considerazioni sorgono spontanee. La prima è che, in questa situazione, forse ci saremmo aspettati dal Papa parole di conforto e indicazioni su come la Chiesa provi ad arginare le solitudini e le sofferenze di chi è costretto in casa o, ancor peggio, condannato in ospedale; su come offra loro sostegno spirituale, assistenza a distanza e speranza. Su come la Chiesa continui ad aprirci le sue porte sebbene le chiese siano materialmente chiuse, e infatti ieri la Diocesi di Roma ha stabilito che «fino a venerdì 3 aprile 2020 l' accesso alle chiese parrocchiali e non parrocchiali viene interdetto a tutti i fedeli». Non vorremmo, al contrario, che il Papa si stia disinteressando di coronavirus dal momento che non ha colpito quasi per nulla il suo amato continente africano...


La seconda riflessione è che, al di là della retorica globalista di Francesco, del suo sogno di un mondo senza muri e senza confini, questa pandemia semmai ha dimostrato il contrario: ossia che serve confinarsi, erigere muri, anche solo simbolici, per difendersi, o mura fisiche, come quelle di casa; che la diffusione del virus è anche figlia di una globalizzazione malintesa, di un mondo che si è fatto troppo piccolo e troppo multiculturale. E che chiudersi, tutelarsi, non spalancare porte o braccia a volte può essere il mondo migliore per salvare vite: la propria e quella degli altri. E invece Bergoglio continua a dire che l' unica globalizzazione da temere è quella dell' indifferenza: vuol dire che «noi sappiamo che esiste questo», ossia il dramma di poveri e migranti, ma «viviamo nell' indifferenza: è il dramma di essere bene informato ma non sentire la realtà altrui. Questo è l' abisso dell' indifferenza». Quando venne eletto, Bergoglio disse di essere il Papa che arriva «dalla fine del mondo». Oggi troverebbe le frontiere chiuse, e non per il timore degli stranieri ma del virus. E Allora, Sua Santità, ci dia un vaccino sacro contro la paura del Male e della Morte e almeno questo mese metta in quarantena il vangelo sui Migranti.

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