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Porta Pia, il Comandante della "Garibaldi": "Operazione pianificata sin nel più minimo dettaglio"

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Marco Petrelli
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"Il Ministero della Guerra del Regno aveva da tempo avviato un’attenta pianificazione della campagna” spiega il Generale di Brigata Domenico Ciotti, Comandante della Brigata Bersaglieri “Garibaldi” e vero esperto della campagna che condusse gli italiani alla conquista dell’Urbe. Il 20 settembre ricorre infatti il 150° della Presa di Roma e l’Esercito si prepara a celebrare la ricorrenza con il giusto riguardo, malgrado le disposizioni in materia Covid impediscano una più celebrazione più grande e più partecipata.

Il Generale Ciotti ricorda che il Regno d’Italia aveva “mobilitate 4 classi di leva che costituivano 3 divisioni del Corpo d'Esercito d'osservazione in Italia centrale al comando del Gen Raffaele Cadorna. Inoltre si erano fatti molti sforzi per garantire la logistica e i servizi amministrativi” raggiungendo così quota 60 mila effettivi. Accanto all’azione militare, però, vi fu anche un attento lavoro diplomatico affinché i francesi, alleati di Papa Pio IX, non intervenissero in difesa dei papalini. Bruciava ancora, infatti, la sconfitta di Mentana quando le “camicie rosse” di Garibaldi furono battute dalle truppe francesi e pontificie, queste ultime guidate dall’energico generale Hermann Klanzer, lo stesso a cui il Pontefice aveva affidato la difesa della Città. Klanzer poteva contare su 16 mila soldati, molti dei quali volontari internazionali: svizzeri, olandesi, prussiani, irlandesi.

Il Corpo di spedizione del Regio Esercito fu posto agli ordini di Cadorna, padre del celeberrimo comandante italiano della Prima Guerra Mondiale e nonno del capo del Corpo Volontari della Libertà nel corso della Guerra civile (1943-1945). Cadorna decise di attaccare da est perché memore della lezione del “1849 quando gli sforzi delle artiglierie si erano concentrati sulla parte a ovest della città,
maggiormente munita di difese e fortificazioni con ampio dispendio di risorse e di tempo”. Come noto il Papa aveva promesso la scomunica a chiunque avesse osato sparare contro Roma. Ironia della sorte il primo colpo partì per ordine del capitano Segre, sul quale la scomunica non avrebbe sortito effetto poiché di fede ebraica. Asserragliate entro le mura, le forze papaline delegarono la resistenza a sole due città del Lazio: Civita Castellana e Civitavecchia, quest’ultima conquistata con un abile stratagemma dal generale Nino Bixio che minacciò di radere al suolo il porto laziale se la resa non fosse stata immediata. Escamotage che, appunto, funzionò perfettamente…

La reazione dei pontifici all’ingresso degli italiani fu diversa: in molti settori i difensori si arresero. Quanto a al generale Klanzer continuò a battersi per qualche ora prima della capitolazione. In totale, le vittime della campagna ammontarono a 49 morti e 143 feriti da parte italiana e a 20 caduti e 49 feriti da parte pontificia. Nonostante da Porta Pia fossero entrati fanti di ogni specialità, l’ingresso forse più
famoso e celebrato nella Roma (ri)conquistata fu quello dei fanti piumati, protagonisti dal 1834 delle fasi più importanti della Storia italiana. “I bersaglieri sono stati presenti nelle vicende nazionali attraverso tre secoli. Nei dipinti di epoca risorgimentale, d’altronde, ricorre spesso il soggetto dello spirito gagliardo del bersagliere. Da Comandante della Brigata Bersaglieri ‘Garibaldi’ posso affermare, che ora come allora gli uomini, ed oggi anche le donne del Corpo, sono animati dagli stessi sentimenti di amore patrio e contraddistinti dal medesimo spirito di abnegazione nei confronti del servizio” conclude il Generale Ciotti. 

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