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Luigi, il rapinatore ucciso a Napoli a 17 anni. Dal complice figlio di Genny la Carogna al colpo, cosa non è ancora chiaro

Giuliana Covella
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Chiedono giustizia e verità i genitori di Luigi, il 17enne ucciso a Napoli mentre - secondo la ricostruzione della polizia - tentava di rapinare con un complice, poi arrestato, tre ragazzi fermi in auto. La vicenda è al vaglio della magistratura, che sta cercando di fare luce su quanto accaduto nella notte tra sabato e domenica. Anche oggi a Forcella, quartiere d’origine della giovane vittima, è un via vai di amici e parenti davanti all’abitazione della famiglia. Cosa è successo dall'arrivo della pattuglia dei falchi in via Duomo, nella zona portuale della città fino al momento tragico dell'uccisione del giovane? I due, Luigi e il 18enne Ciro De Tommaso, figlio di “Genny la carogna” (ex capo ultrà del Napoli famoso per la finale di Coppa Italia all’Olimpico nel maggio 2014), hanno accennato una reazione? Chi dei due impugnava la pistola, risultata poi a salve? E chi guidava lo scooter che - si è poi scoperto - era rubato? Sono alcuni degli interrogativi che tutti si pongono, mentre i genitori chiedono di sapere le modalità con le quali è morto il figlio. E spiegano che il ragazzo lavorava in una pizzeria, ma aveva anche manifestato l'intenzione di andare via dalla città. Sottolineando inoltre di essere stati avvisati in ritardo del decesso del ragazzo e ribadendo di ritenere inaccettabile quanto accaduto.

Le indagini - L'informativa della Scientifica e l'esame di eventuali immagini di video sorveglianza in zona potrebbe dare un contributo importante alle indagini oltre naturalmente al racconto del poliziotto che ha sparato e degli altri della pattuglia. Fondamentale anche l'esito dell'autopsia che sarà disposta dal pm. In città e sui social si registrano reazioni di segno opposto tra chi sostiene naturalmente che nessuno debba essere ucciso anche se sta compiendo un’azione delittuosa e chi invece, pur esprimendo dolore per l’accaduto, ricorda che «chi fa certe cose se la va a cercare». Resta la tragedia della vita stroncata del 17enne che don Antonio Carbone, della comunità dei salesiani che lo aveva accolto a Torre Annunziata (in provincia di Napoli) durante il periodo di messa in prova facendolo lavorare come pizzaiolo. «Spesso - dice - mi sento fare questa domanda: ma dei ragazzi che passano per la comunità in quanti si salvano e in quanti si perdono? La vita, per fortuna, è un evolversi, nessuno di noi ha il sigillo del salvato e nessuno è per sempre perso».

Le reazioni - «Togliere i ragazzi alle famiglie criminali come regola di carattere generale è l'ammissione di sconfitta di una società e di uno Stato». A parlare è il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, che aggiunge: «In alcuni casi particolari lo si è fatto anche a Napoli ma io sono perché si mettano in campo attività di recupero forti sui territori». Intervenuto a Radio24, rispetto alla morte del 17enne, il primo cittadino ha aggiunto: «Napoli ha dimostrato in questi anni di aver sottratto molta manovalanza familiare in contesti mafiosi, in cui prima non si ipotizzava nemmeno astrattamente di poter raggiungere questo obiettivo». Sul versante delle forze dell’ordine la segreteria Nazionale UPLS esprime invece «solidarietà e vicinanza alla squadra mobile napoletana che, durante le ore notturne, impegnata in servizi a tutela della sicurezza dei cittadini, ha visto i propri uomini sventare una rapina. Nella dinamica di quel servizio, purtroppo, è deceduto un ragazzo di 17 anni che, anche se in violazione della legge, avrebbe potuto salvare la propria vita se non avesse puntato la pistola ad un collega». «Come sindacato - aggiunge la nota - siamo vicini al collega e alla squadra mobile napoletana, anche se quando muore una vita a 17 anni, il dolore e lo sgomento pervade tutti, sia essi appartenenti alle forze dell'ordine che comuni cittadini». «Al di là del singolo episodio, c’è bisogno che la Stato crei nelle aree più depresse del Paese occupazione, investimenti e sviluppo. Contrariamente, assisteremo sempre più spesso a episodi in cui minorenni, con armi in pugno, saranno dediti alla commissione di reati».

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