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Ucraina, combattere per Kiev? Se dicono "no" anche i giovani: in Italia la guerra... non esiste

Arnaldo Ferrari Nasi

In relazione all'acutizzarsi della crisi Ucraina, è interessante analizzare il lato sociologico della vicenda, legato alla pubblica opinione italiana. Ad un campione rappresentativo di 1000 italiani adulti, sono state sottoposte quattro specifiche domande, che negli osservatori di altri paesi occidentali, vengono definiti come indicatori della "volontà di difesa". Alla domanda "se l'Italia venisse attaccata militarmente, lei accetterebbe di essere chiamato a combattere o comunque a contribuire per la difesa del paese?" risponde sì solo il 30%.

 

 

Senza contare che nel testo della domanda non si parla neanche di un'ipotetica prima linea di difesa, ma anche solo di un apporto, di una partecipazione. Sono le persone più avanti con l'età ad aver dato forfait, e questo è anche giusto, ma anche i giovani deludono, visto che tra i 18-35enni si rileva la stessa percentuale del 30% di tutto il campione. Un po' differente è la situazione tra i giovani nei partiti. Il dato più alto si rileva tra i 18-35enni di Fratelli d'Italia, 64%. Seguono i giovani leghisti, 48%, e i grillini, 47%. Solo 14% tra i 18-35enni del Pd.

 

 

La successiva domanda: "accetterebbe l'idea di rischiare la vita per questo motivo?", ci restituisce un dato coerente (il 27% di risposte affermative), con quello rilevato in relazione alla chiamata alle armi: chi combatte, rischia di morire. Se invece "ad essere attaccato fosse un paese dell'Unione europea o uno stretto alleato dell'Italia", solo il 17% si presterebbe a contribuire. È solo il 7% che risponde con un netto "sì" alla difesa dell'Italia e un netto "no" a quella dell'alleato. Ancora una volta, più degli altri, i giovani (12%) e, soprattutto, il totale dell'elettorato leghista, (16%).

*direttore AnalisiPolitica