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A1, l'egiziano che tirava sassi? Cosa hanno scoperto su di lui

Claudia Osmetti
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Scaduto. Il 22enne di origini egiziane che venerdì mattina ha terrorizzato i viaggiatori in transito sulla A1 (l'Autostrada del Sole), all'altezza di Casalpusterlengo, in provincia di Lodi, bloccando un Frecciarossa in corsa e mettendosi a lanciare sassi alla rinfusa sulla carreggiata, modello chi-prendo-prendo, in tasca un permesso di soggiorno ce l'aveva, sì. Però era scaduto. E d'accordo, questo non fa di lui (automaticamente) un delinquente: perché un conto è un mancato rinnovo (che può pure essere dovuto alle lungaggini burocratiche) e un altro è un decreto di espulsione, bollato e ratificato, con tutti i sacri crismi del ministero degli Interni stampati sopra. Uno di quelli che ti obbliga (o almeno dovrebbe) a prendere un aereo e a imboccare il gate delle partenze all'aeroporto più vicino. Un provvedimento, tra l'altro, che a quanto ne sappiamo finora, non gli è stato contestato. Però qualche dubbio lo solleva: ma come? La procedura, il sistema, allora è davvero un colabrodo, visto che ci ritroviamo (non sarà il primo e nemmeno l'ultimo) gente in giro con qualche piccolo precedente (come questo ragazzo, qualche grana per furtarelli di poco conto) e senza quei documenti necessari per poterci stare a pieno titolo, in Italia?
 

 

 

UDIENZA DI CONVALIDA Lui, nello specifico, si chiama Sayed Mohamed Abdel Hamid Mod Donia. Lo hanno fermato due giorni fa con il taser mentre era in piedi su unjersey dell'A1, senza maglietta e con i soli pantaloni beige, e stava scagliando tutto quello che riusciva a trovare contro le macchine che gli passavano a fianco. Ne ha centrate diverse. Ha mandato in ospedale tre persone, ne ha ferite almeno 31. È riuscito a sfondare addirittura il parabrezza di un'ambulanza che era accorsa solo per prestare soccorso a chi gli era capitato (letteralmente) sotto tiro. «Si è fatto male qualcuno?» ha chiesto, ieri, mentre stava finendo l'udienza di convalida del suo fermo, nel processo per direttissima che lo riguarda e che ha già confermato la sua custodia cautelare in carcere, guardando in faccia il suo avvocato. Sì, Sayed. Non in maniera grave, fortunatamente. Ma un ragazzo si 22 anni (come te) e un uomo di 65 sono finiti al pronto soccorso, l'altro ieri. Così come, al pronto soccorso, è finita Claudia Gobbato, una deputata della Lega che ha rimediato qualche scheggia di vetro in faccia mentre era seduta in auto con suo marito e i bimbi piccoli dietro. Secondo la polizia stradale si possono contare almeno quattordici autovetture danneggiate in maniera seria, ma non si esclude che, con le denunce che arriveranno, ne potranno sbucare fuori altre. E poi c'è stata la paura. Ce n'è stata tanta. Tra i passeggeri che erano sul treno e tra gli automobilisti che, all'improvviso, si sono visti tirare addosso più o meno di tutto. Persino dei cartelli stradali. «Volevo fare del male a me», ha raccontato lui, invece, in un aula del tribunale di Lodi che adesso dovrà decidere se procedere per tentato omicidio o qualche reato "minore" (come interruzione di pubblico servizio). D'altronde il procuratore lodigiano Domenico Chiaro l'aveva detto senza girarci attorno quasi subito: «L'analisi degli atti della polizia giudiziaria ha determinato la necessità di dar luogo a ulteriori approfondimenti per valutare l'astratta configurabilità dei reati di tentato omicidio odi violenza privata, in luogo di quello di attentato alla sicurezza dei trasporti, insieme a quello interruzione di pubblico servizio».
 

 

 

 

«VORREI RISARCIRE» Tradotto significa che per i capi d'imputazione bisognerà aspettare. «Volevo qualcuno con cui parlare, ma non si fermava nessuno. Ho capito quello che ho fatto e sono disponibile a risarcire lavorando anche dal carcere», ha aggiunto l'egiziano, raccontando la sua versione dei fatti a Eliana Capursi, che è la giudice del foro lombardo. Sayed ha spiegato che la sua disavventura è cominciata alla stazione di Firenze Santa Maria Novella, qualche ora prima: gli hanno rubato il cellulare, «mi hanno fatto tante cose brutte», ha detto, «allora ho deciso di prendere il treno per andare a Milano da mio zio per prendere dei soldi». Però lo zio deve avergli risposto picche, non lo voleva né in casa né intendeva ascoltare al telefono. Ed è successo quel che è successo. Si tratterebbe di un soggetto «pericoloso e aggressivo», ha concluso la pm Antonella Dipinto durante l'udienza. Il 9 settembre si entrerà nel vivo.

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