scienziati inglesi

Alluvione, lo studio che inchioda il Pd: cos'ha provocato il disastro

Francesco Storace

Diciamo che il commissario per l’Emilia Romagna da ricostruire non sarà un militante di Ultima generazione. Gli impiastri che vandalizzano l’Italia con le loro bravate hanno tentato di attribuire i danni dell’alluvione ai cambiamenti climatici. In realtà, a parlare sono studi scientifici, le responsabilità andrebbero cercate per via terrena, anche e soprattutto negli stanzoni della regione colpita. La World Weather Attribution (Wwa) che raduna al proprio interno scienziatiesperti di clima nega correlazioni, sia pure con molta cautela, tra il maltempo e il cambiamento climatico. Secondo un’analisi statistica dei dati del passato e secondo le simulazioni climatiche – che permettono di escludere il contributo del riscaldamento globale – le alluvioni non sono state rese più probabili dall’aumento della concentrazione digas serra nell’atmosfera prodotta dalle attività umane. Le frottole non servono a giustificare, ad esempio, l’inerzia nei controlli.

 

 

È stata netta la domanda che si è posto il gruppo di scienziati su quanto accaduto in Emilia Romagna, con tre eventi di tipo alluvionale. L’interrogativo è stato spontaneo: «Hanno influito, e quanto, i cambiamenti climatici? E più precisamente, dalla siccità all’alluvione in pochi giorni: cosa sta succedendo? È crisi climatica?». Di qui il lavoro dei tecnici per rispondere alle domande della pubblica opinione, colpita da quanto accaduto. Il team Wwa ha pubblicato un articolo riassuntivo e un report approfondito sull’evento. Nel mirino degli scienziati finiscono inevitabilmentele politiche adottate nella (mancata) cura del territorio, sull’urbanizzazione e la preparazione della popolazione.

MANCATO DRENAGGIO
Lo studio ha portato alla luce fenomeni di cui si è discusso ancora poco. A partire dal bilancio della tragedia: «Le inondazioni hanno causato la perdita di 17 vite umane e costretto circa 50.000 persone ad abbandonare le proprie case. Molte vittime erano anziane, o hanno perso la vita a causa della riluttanza ad evacuare, il cercare di salvare cose o automobili». Questo evidenzia come «le vulnerabilità del territorio, la disabilità e la scarsa percezione del rischio, abbiano amplificato gli impatti nella regione Emilia Romagna».

 

 

Mica è finita. Certo che sono rari eventi così drammatici, ma «l’urbanizzazione rapida e l'alta densità urbana hanno limitato le capacità di drenaggio dell'acqua, aumentando il rischio di alluvioni». Insomma, se le conclusioni degli scienziati saranno confermate, non si è tenuto conto delle opzioni di adattamento che possono migliorare la resilienza del territorio regione agli eventi estremi futuri, come soluzioni basate sulla natura, piani di protezione sociale e miglioramento della pianificazione urbana. Stando a quello che si evince, negli ultimi decenni si è «limitato lo spazio per il drenaggio dell’acqua e aumentato il rischio di inondazioni». Questo ha esacerbato l’impatto delle forti piogge: un evento raro e a cui le infrastrutture non potevano «resistere» semplicemente perché non si era pensato a costruirle con ragionevolezza. Per aumentare la capacità del suolo di assorbire acqua basterebbe aumentare – è il suggerimento del team - gli spazi verdi delle città: più alberi che diminuirebbero anche i rischiosi effetti delle isole di calore urbano migliorando il benessere generale dei residenti.

 

SERVONO PIÙ FORESTE
Aumentare la copertura forestale può inoltre rallentare le portate dei fiumi, diminuendo il rischio di alluvione con la creazione di aree di regolazione dell’ecosistema più forti. Una diversa irreggimentazione delle acque permette inoltre di immagazzinare l’acqua in eccesso conservandola in vista dei periodi di siccità. Pertanto secondo gli scienziati agitare lo spauracchio del clima potrebbe essere una foglia di fico per nascondere il problema. L’esame dei modelli climatici ha suggerito che in Emilia-Romagna in primavera non si registra alcun aumento rilevabile delle precipitazioni. Questa scoperta corrobora ricerche precedenti che hanno scoperto che con il cambiamento climatico indotto dall’uomo il numero di sistemi a bassa pressione nel Mediterraneo centrale è diminuito. In pratica le precipitazioni sono diminuite. Stavolta è la scienza a chiedere conto alla politica.