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Ultima generazione, assalto all'Eni Store di Roma: condannati tre attivisti

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Arriva la condanna (mite) per Ultima generazione: ammenda di 600 euro ciascuno ai tre eco-attivisti fermati a Roma ad aprile dell'anno scorso per aver danneggiato l'Eni Store di via degli Ammiragli, vicino al Vaticano. Nel corso dell'udienza, in rito abbreviato, il giudice monocratico ha condannato i tre giovani al pagamento della multa per il reato di violazione della legge sulle armi.

Per gli attivisti è stato disposto il non doversi procedere per difetto di querela in relazione alle altre accuse di danneggiamento e violenza privata. I tre ad aprile dello scorso anno furono protagonisti di un'azione di protesta nella quale danneggiarono la vetrina con martello e scalpello. All'interno dell'esercizio c'era un carabiniere libero dal servizio che fece uscire prima i clienti all'interno e dopo essersi qualificato tentò di convincerli a desistere.



Vandali contro l'Eni Store: guarda il video pubblicato da Local Team su Youtube
 

 

"Chloé, Michele e Laura erano stati arrestati subito dalla polizia, avevano passato la notte in cella e il giorno successivo era stato aperto il processo per direttissima", ricordava prima della sentenza una nota di Ultima Generazione. "L’azione del 2022 fu un gesto simbolico - spiega il movimento -, volto a denunciare il comportamento irresponsabile dell’azienda fossile a partecipazione pubblica, che continua a registrare utili stratosferici mentre, con i suoi investimenti nel petrolio e nel gas, causa consapevolmente la morte di milioni di persone per inquinamento, aumento delle temperature globali ed eventi climatici estremi. Facendo infidamente ricadere tutti i costi sui cittadini, con bollette astronomiche, e beneficiando del sostegno del Governo".

"Proprio ieri - proseguivano gli eco-attivisti -, il rapporto 'Eni sapeva', diffuso da Greenpeace Italia e ReCommon e realizzato grazie a ricerche effettuate negli scorsi mesi presso biblioteche e archivi della stessa Eni o di istituzioni scientifiche come il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), ha rivelato che l’Eni si aggiunge alla lista di compagnie fossili che erano consapevoli almeno dai primi anni Settanta dell’effetto destabilizzante che lo sfruttamento di carbone, gas e petrolio esercita sugli equilibri climatici globali, a causa delle emissioni di gas serra".

"Ad aprile 2022 denunciavamo quanto fosse immorale il fatto che l’Eni, con il sostegno del governo, sfruttasse la scusa della guerra in Ucraina per continuare ad arricchirsi estraendo combustibili fossili. Oggi possiamo affermare con maggior cognizione di causa quanto fosse orribile e criminale il loro comportamento", afferma Laura. "I vertici dell’Eni sapevano benissimo quali conseguenze avrebbero prodotto le proprie scelte in termini di inquinamento e danni ambientali, eppure hanno consapevolmente scelto di proseguire per la loro strada, una strada che arricchisce pochi e condanna alla povertà e alla morte moltissimi. Il rapporto diffuso ieri da Greenpeace e Recommon ne è la prova. È davvero folle e criminale reagire con un gesto simbolico? O il vero crimine è minacciare l’esistenza di milioni di persone per rimpinguare il portafoglio dei propri azionisti", aggiunge Michele. 

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