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Ora i genitori per controllare i figli assumono l'investigatore

 Investigatore privato

Alessandro Dell'Orto
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I metodi sono gli stessi. Così come facevano i miti con cui siamo cresciuti e abbiamo sognato, dal geniale Sherlock Holmes all’avventuroso James Bond passando per la pipa di Maigret, ciò che conta è saper osservare, pedinare, ragionare. A cambiare, però (oltre alle tecnologie), sono gli obiettivi: più che tradimenti piccanti, morti misteriose e intricati spionaggi industriali adesso a impegnare gli investigatori privati sono i ragazzini, quasi sempre adolescenti. E a commissionare le ricerche fa strano immaginarlo ma è così - sono proprio i genitori, a dimostrazione di come sia sempre più difficile, per molte famiglie, instaurare un dialogo decente con i giovanissimi, capirli, crescerli. E tenerli lontano dai guai.

«Il 35 per cento nostro lavoro ormai è per pedinare adolescenti di 13 o 14 anni – racconta Walter Piazza, storico detective “autorizzato” di Varese –, per scoprire cosa fanno, dove vanno, chi frequentano. Ad assumerci sono soprattutto mamme, che poi coinvolgono i papà, ma anche molti nonni preoccupati del cambiamento caratteriale dei nipoti».

 

 

Quello che però potrebbe sembrare un lavoretto facile facile - cioè spiare un ragazzino - in realtà nasconde molte difficoltà. «Non è semplice come sembra. Non hanno un mezzo di trasporto, escono a piedi e poi trovano passaggi coni motorini oppure si muovono in autostop. Diventa fondamentale riuscire a registrarli, magari quando parlano al telefono nella loro cameretta o in bagno, per capire programmi e spostamenti. Nella maggior parte dei casi questi adolescenti vogliono fare una vita da grandi e noi genitori mi ci metto anche io- non siamo più capaci di farci ascoltare, non abbiamo l’autorità necessaria». Ed ecco che, allora, preoccupati e disperati, gli adulti si rivolgono a una figura specializzata, che possa indagare e svelare le zone d’ombra dei loro giovani. «Il risultato delle indagini? Droga, alcol e bravate: ora va molto di moda il taccheggio al supermercato, per provare adrenalina e riuscire ad avere abiti di marca. Sa cosa trasforma questi ragazzi? Il branco, il gruppo: in compagnia si sentono più forti. Poi, quando li smascheri, tornano cuccioloni».

Il prezzo di un detective è di 60 euro all’ora e un lavoro completo si aggira sui 2000 euro. «Parliamo sempre di professionisti autorizzati dalla prefettura come me e ci tengo a precisarlo, perché oggi sono tutti investigatori, ma la licenza ce l’hanno in pochi. A rivolgersi a noi spesso sono famiglie modeste, che magari investono quel poco che possiedono».
La prima preoccupazione di un padre o una madre, quando vede il proprio figlio assente, resta la droga. Ecco perché molti siti - come ad esempio quello di Luciano Ponzi Investigazioni - provano a spiegare quali sono i campanelli d’allarme da non sottovalutare a livello fisico (pupille dilatate, nervosismo, naso arrossato per la cocaina, sonnolenza, occhi arrossati e mancato coordinamento motorio per la marijuana, tachicardia, digrignamento dei denti e sudorazione eccessiva) e comportamentale, come cambio di orari (il ragazzo entra e esce improvvisamente in tempi differenti), di abitudini (sembra trascurare gli hobby che amava tanto), di amicizie (ha cambiato giro e si rifiuta di fornire dettagli su chi frequenta) ed economici (le richieste di denaro sono sempre più cospicue e frequenti).

 

 

«Il 10 percento del nostro lavoro in ambito privato è per seguire i giovani - spiega Luciano Ponzi, nipote del celebre Tom Ponzi - siamo stati tra i primi in Italia ad aver effettuato questo tipo di indagini: a noi si rivolgono le famiglie che non riescono a decifrare il comportamento dei propri ragazzi o che hanno dubbi sulla loro condotta. Il primo campo di indagine è, in genere, la scuola. Perché il primo effetto tangibile dell’avvicinarsi di un ragazzo alla droga è costituito dall’abbandono scolastico o dal rendimento che di colpo peggiora sensibilmente. Poi, finiscono nel mirino del detective tutti gli spostamenti dei ragazzi, i locali che frequentano, le cerchie di amicizie, atteggiamenti e comportamenti che assumono fuori dalle mura domestiche». Droga, ma non solo. «Molti soffrono di ludopatia, altri hanno problemi di alcol- spiega ancora Ponzi -. E il dato più inquietante è che si sta abbassando sempre più l’eta: ormai ci chiedono di investigare su bambini di 10/11 anni. Le ragazzine sono in aumento, perché molto sveglie. Escono di casa vestite normalmente, poi si cambiano e vanno in discoteca in abiti succinti per sembrare maggiorenni. E bevono tanto, a volte fino ad arrivare al coma etilico». Quante preoccupazioni, quante ansie. Ma forse, anziché incolpare i giovani di parlare troppo poco, spesso basterebbe saperli ascoltare di più. Elementare Watson. 

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