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La "favorita" che fece la storia con intelligenza e bellezza

Emanuele Ricucci
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Sembra di ascoltare ancora Ariosto: le donne, i cavallier, l'arme, gli amori. Amanti, papi e signori. Sul filo, Giulia la bella, in equilibrio su una vita arrembante e dinamitarda, e insieme, come tempesta estiva improvvisa, diplomatica e suadente. Più donne, una donna. Tra Cleopatra e la Thatcher, salutava l'ascesa al potere e alla storia della sua famiglia, i Farnese, uomini d'affare e di guerra.

E lei, Giulia Farnese donna d’ingegno, figlia di un signore, Pier Luigi, sorella di un Papa, Alessandro, futuro Paolo III, non era nata per osservare altri avere fortune, sfuggendo alla storia, svilendo come ogni mediocre assenza, ma per esserne parte. Destinata alla grandezza, proseguì quel lavoro cominciato da Ranuccio Farnese il Vecchio, suo antenato, poiché come ci ricorda lo scrittore Domenico Cacopardo, «I Farnese», prima del suo avvento, «erano piccoli feudatari che vivevano nel viterbese». Al suo concepire la storia, la sua famiglia divenne una tra le più potenti e importanti famiglie del Rinascimento italiano ed europeo. «La favorita», Giulia la bella: «I signori del Quattrocento», scrive McCall, «erano perfettamente consapevoli dell’importanza delle favorite», tanto che molte di esse «acquisivano posizioni di spicco e venivano ricompensate mediante posizioni di potere per sé e per i propri congiunti».

I SUOI LUOGHI
Giulia era tra esse e si destreggiò tutta la vita in questo diletto. Proprio i suoi luoghi, più di ogni altro, oggi la celebrano, a cinquecento anni dalla morte, con una folta serie di eventi che durerà un anno. Lei, figlia di una terra splendente e troppo spesso ingrata, come la Tuscia viterbese, che ricorda a comando e si confonde, cercando se stessa nei piccoli imperi personali, quando potrebbe ricoprirsi di gloria, costruendo giustificazioni alla propria identità, nel medesimo momento in cui non s'accorge d'averla davanti, che di lei e del suo amante, così come di suo padre e suo fratello, ha testimoniato grandezze. Potremmo raccontare la storia nella storia, facendo un torto alla traduzione di un’anima così potente. Potremmo ricordare il suo matrimonio con Orsino Orsini, e poi, quindicenne e angelica, il suo amore puro e strategico per Alessandro VI, il Borgia per eccellenza, Rodrigo, che tante fortune portò alla sua famiglia; potremmo, ancora, rievocare la sua amicizia con Lucrezia Borgia o la sua signoria che la rese “illuminata padrona” (Romualdo Luzi); potremmo rammentare le sue terre, Bolsena, Capodimonte, Carbognano, Vasanello, Viterbo, Roma.

MODERNITÀ
Dovremmo riportare al cuore di ognuno, però, l’intelligenza folgorante di una gran donna che della bellezza e dell’astuzia fece dono a sé e alla sua famiglia, così alla storia, non oltraggiando se stessa ma elevandosi. Ete rea come una polvere d'oro che si deposita sulle macerie di un Paese violentato da soldati d’ogni bandiera, che delle armi cominciò a fare mestiere – come ci ricorda Ermanno Olmi tratteggiando Giovanni dalle Bande Nere- accostate alla politica, che cominciava a sperimentare la grande febbre della modernità, dell'affarismo, del potere a ogni costo. Ma lei è stata un assordante silenzio, come una serratura che si apre lentamente nel cuore della notte. Storia di una vita meravigliosa, così come l'ha raccontata Patrizia Rosini, studiosa e co-curatrice, insieme al professor Danilo Romei, del celebre Regesto dei documenti di Giulia Farnese, nel suo Giulia Farnese. Storia di una vita, fresco di stampa per edizioni Archeoares, che traccia un perfetto profilo storico e, insieme, umano, profondo e soprattutto perfettamente fedele, avendo preso vita da fonti e cronache autentiche giunte sino a noi. La grandezza di Giulia si discosta, per fortuna, dalla bassezza con cui viene oggitrattata la fitta trama femminile. Che il ricordo di lei ci aiuti a concepire ciò che di più profondo riusciamo a trovare in una donna: l’assenza di ancore nell'oceano profondo della Bellezza. 

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