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La parola della settimana: "Femminile"

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Massimo Arcangeli
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Femminile, derivato di femmina (dal latino femina), è la parola regina di questa settimana per via delle polemiche seguite all’insensata scelta dell’Università di Trento di promuovere il “femminile sovraesteso” nel nuovo Regolamento d’ateneo.

La scelta è stata resa di pubblico dominio con la diffusione di un comunicato stampa emesso, da parte dei vertici dell’ateneo, il 28 marzo; eccone uno stralcio: «Novità di questa ultima versione è (...) che perla prima volta sarà redatta adottando nella sua formulazione il “femminile sovraesteso (...). La presidente, la rettrice, la segretaria, le componenti del Nucleo di valutazione, la direttrice del Sistema bibliotecario di Ateneo, le professoresse, la candidata, la decana... Termini come questi sono (...) citati e ripetuti più volte in riferimento a tutte le persone a prescindere dal genere, nelle quasi cinquanta pagine che compongono il nuovo Regolamento di Ateneo». Un conto è però rivolgersi o indirizzarsi a «cittadine e cittadini», «colleghe e colleghi» o «studentesse e studenti» per far risaltare il femminile di genere, un altro conto è avallare il “femminile sovraesteso” con una discutibile operazione di “marketing inclusivo” istituzionale.

Ecco il passaggio centrale, per quel che qui interessa, del primo articolo del Regolamento: «I termini femminili usati in questo testo si riferiscono a tutte le persone». Siamo di fronte all’ennesimo tentativo di promuovere la parità di genere con discutibili interventi risarcitori. L’oltranzismo politically correct fatto proprio dall’Università di Trento ingigantisce il problema anche per le pesanti ricadute sociali: gli incasellamenti coatti, la cieca omologazione generale, l’assoggettamento al conformismo e il fanatismo ideologico saranno sempre più occasione di scatenamento, anche per un moto di reazione alla saturazione mediatica di temi ormai risaputi, di piccate o veementi manifestazioni di dissenso.
Intanto in Baviera, dal primo aprile, sul versante della reazione alle tante prove di scardinamento del binarismo di genere, è fatto divieto di usare segni o simboli neutri in ambito istituzionale, comprese scuole e universi tà.

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