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Università di Torino, preghiera islamica nell'ateneo occupato: è polemica

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Continuano le occupazioni dei pro Palestina nelle università italiane. Da oltre due settimane la Statale di Milano è popolata dalle tende dei collettivi, mentre a Torino alcuni studenti hanno occupato degli spazi dell'ateneo. Proprio all'interno delle aule torinesi, è andata in scena una preghiera islamica improvvisata, in cui non sono mancati i riferimenti alla jihad. Un episodio accaduto lo scorso venerdì ma che è salito alla ribalta in seguito ad alcuni video diffusi sui social e al conseguente colloquio fra il ministro dell’Università Anna Maria Bernini e il rettore Stefano Geuna. Entrambi hanno "condiviso un sentimento di piena condanna dell’accaduto".

In una nota, l'Univeristà di Torino ha riferito in merito alla telefonata fra ministro e rettore: "Durante la conversazione, il rettore ha precisato che il fatto è avvenuto in situazione di occupazione da parte di studenti, i quali impediscono da giorni l’accesso a docenti e personale universitario, quindi sotto la piena responsabilità degli occupanti per parte sua, l’Università di Torino ribadisce fermamente il carattere di laicità dell’istituzione universitaria".

Su youtube è possibile recuperare il video della preghiera officiata da Brahim Baya, fra i responsabili della moschea Taiba di via Chivasso e membro del coordinamento Torino per Gaza. Alcuni professori hanno allertato ministero e rettorato poiché, ascoltando il momento di preghiera, si sono resi conto che fossero stati esortati i presenti alla jihad anche in Italia. Baya, raggiunto dal Corriere della Sera, ha dato la sua versione dei fatti: "Per jihad bisogna intendere l’impegno che ogni buon musulmano deve sforzarsi di perseguire per essere un buon essere umano attento ai bisogni delle persone vicine e lontane. Nel mio sermone, ho inviato i fedeli a comportarsi nel migliore dei modi. Venerdì vogliamo organizzare la preghiera al Politecnico".

Ma di questa spiegazione non è per nulla convinta la professoressa di geografia della religione Daniela Santus. In una lettera indirizzata al Foglio, ha spiegato che "si è parlato di jihad compiuto da donne, uomini e bambini, ognuno secondo le sue capacità, si è parlato di lotta di liberazione che sarebbe cominciata dal primo momento in cui i sionisti hanno calpestato quella terra benedetta: prima ancora della nakba! Mi occupo di geografia della religione e ho grande rispetto delle tradizioni religiose, per cui ho ascoltato con attenzione il suo sermone. Tuttavia mi hanno colpito alcuni passaggi, soprattutto quelli in cui lei chiede un jihad per riparare le ingiustizie usando “le mani” per lottare in favore dei palestinesi oppressi".

 

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