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Andrea Rossi, "il suo alibi è valido": all'ergastolo per omicidio, 17 anni dopo cambia tutto

di Simona Pletto martedì 10 settembre 2024

3' di lettura

Dopo una lunga battaglia giudiziaria fatta di ricorsi, istanze e richieste arrivate addirittura alla Corte europea di Strasburgo, potrebbe riaprirsi il processo per Andrea Rossi, ex commercialista oggi 61enne, condannato nel 2010 in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Vitalina Balani, la ricca 70enne strangolata nel suo appartamento a Bologna nel luglio 2006. L’accusa ha sempre sostenuto, supportata da illustri periti, che la vittima sarebbe stata uccisa il 14 luglio tra le 13.30 e le 14. Ora, a distanza di 18 anni, quell’arco ristretto di tempo viene allargato di ben sette ore.

Per il professor Mauro Bacci, ordinario di medicina legale e perito incaricato dal presidente della Corte di Appello di Perugia, «Vitalina Balani è stata strangolata fra le 22 del 14 luglio e le cinque del mattino del 15 luglio». Sette ore che potrebbero fare la differenza tra l’innocenza e una condanna all’ergastolo. Sette ore che potrebbero segnare una svolta clamorosa a questo caso ormai dimenticato. Sì, perché l’uomo, che da 17 anni e 8 mesi è in carcere alla Dozza di Bologna a scontare l’ergastolo per quel delitto, in questo nuovo arco temporale aveva un alibi: in quelle ore, dalle 20.20 alle 23.15, era al computer a cancellare alcuni file inerenti proprio agli investimenti della vittima. Un alibi che, per assurdo, sarebbe proprio una delle prove che, all’epoca del primo processo, fecero propendere i giudici per la sua colpevolezza. Lui era il commercialista che aveva fatto un po’ da broker alla donna e al marito 94enne. La coppia all’epoca gli aveva affidato un gruzzoletto di un paio di milioni.

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Somma che però l’imputato non aveva mai restituito. Per l’accusa, quella somma era il movente del delitto, speso in opere d’arte (risultate poi di minor valore rispetto al prezzo di acquisto). Rossi si è invece sempre proclamato innocente. La revisione si è discussa a Perugia dopo che per due volte la Corte di Appello di Ancona non aveva ammesso le richieste difensive. Era stata invece la Cassazione ad annullare l’ultima ordinanza, rinviando a una diversa Corte di Appello per la rivalutazione delle perizie, motivandola così: «Laddove nel giudizio di revisione risultasse dimostrato un orario differente del decesso della Balani in virtù delle nuove metodiche scientifiche utilizzabili, detto orario andrebbe confrontato, ai fini di un giudizio di colpevolezza, con l’alibi del Rossi. Inoltre, la collocazione in un orario successivo della data del decesso illuminerebbe anche la valenza sul piano istruttorio di alcune prove».

Come a dire: un nuovo orario scagionerebbe l’imputato. L’esito della relazione è dunque arrivato. Ora un grosso punto a favore della difesa lo segna la relazione del professor Bacci, incaricato dal presidente della Corte di appello di Perugia Paolo Micheli di stabilire appunto l’ora del decesso della donna tramite lo studio delle macchie ipostatiche, i ristagni di sangue sul braccio destro della 70enne trovata senza vita nel suo appartamento di via Battindarno il 15 luglio 2006. La difesa del commercialista ha infatti chiesto e ottenuto la revisione del processo. «Alle 21 del 14 luglio la donna già non rispondeva a 22 telefonate di familiari e amici, secondo noi era già morta», sostiene l’avvocato Gabriele Bordoni. «Le perizie dell’accusa vennero fatte su reperti diciamo imperfetti – aggiunge il difensore di Rossi -. Ci furono errori, anche perché in un primo tempo la signora Balani sembrava fosse deceduta in modo naturale. Così non si presero i rilievi dovuti, compreso quello termico, importante per determinare l’ora del decesso». 

I sanitari del 118 che attorno alle 13 del 15 luglio manovrarono il cadavere della Balani, provocarono la “migrazione” di coaguli di sangue, non ancora “fissati” come sarebbero stati se la donna fosse deceduta 24 ore prima, come stimato all’epoca. La fascia indicata però non è precisa, chiarisce il professor Bacci: una stima più precisa non si può avere infatti «a causa degli scarsi contributi tratti dallo studio di raffreddamento cadaverico e rigidità a causa del loro carente rilevamento, della temperatura cadaverica e ambientale, o della loro intrinseca variabilità, perla rigidità muscolare». «Come ha reagito il mio assistito quando gli ho letto la nuova perizia? Non ha parlato, ci siamo intesi con uno sguardo. Poi mi ha abbracciato forte. Ora può sperare che giustizia sia fatta».

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