C'è una tragedia nella tragedia della morte assurda di Riccardo Claris, 26enne ultrà dell'Atalanta ucciso a coltellate durante uno scontro tra tifosi della Dea e dell'Inter a Bergamo.
Tutto è cominciato con un inno all'Inter cantato all'interno del Reef Cafè, un bar di via Borgo Santa Caterina. Nel locale, sabato 3 maggio attorno a mezzanotte, ci sono anche degli atalantini che non la prendono bene. Comincia una discussione. Riccardo abita in zona, è a casa, vive non lontano dal locale ma viene avvertito della lite in corso. Scende in strada e si lancia con gli altri tifosi all'inseguimento degli interisti. Ma nel frattempo uno dei "fuggitivi" si era procurato un coltello e l'ha usato, in via dei Ghirardelli (non lontano dalla curva sud dello stadio), proprio contro Claris, colpito con un fendente alla schiena. Per lui non c'è stato nulla da fare.
Domenica pomeriggio, allo stadio di Monza, la curva atalantina ha ricordato il giovane, laureato in Economia e Commercio e dipendente di una finanziaria a Milano. Nel frattempo, però, sono emersi dettagli sconvolgenti riguardo all'accoltellatore: è Jacopo De Simone, 19 anni, trovato sul posto. Si è costituito ai carabinieri. È stato portato in carcere, dove verrà interrogato dal gip. Ha raccontato di essere salito in casa (vive proprio in via dei Ghirardelli) a prendere il coltello per difendere suo fratello gemello. Ma non risulterebbero feriti e aggressioni fisiche, prima della coltellata. Vicino al cadavere i carabinieri hanno trovato la lama e il manico del coltello in ceramica usato per uccidere. C'è un macabro collegamento con un altro gravissimo fatto di sangue: De Simone ha anche un altro fratello più grande, Carmine, figlio adottivo, che a marzo
è stato arrestato per l'omicidio di Luciano Muttoni, affittacamere a Valbrembo. Carmine, ragazzo dal passato turbolento e difficile, era stato allontanato dai genitori per non mettere a rischio con la sua condotta il futuro dei fratelli più giovani.