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Campania nel caos, tre sindaci arrestati in due giorni: cosa sta succedendo

di Simone Di Meo venerdì 23 maggio 2025

3' di lettura

La retata dei sindaci in Campania: in manette il terzo politico in appena quarantott’ore. Stavolta tocca a Giovanni Fortunato, primo cittadino di Santa Marina, in provincia di Salerno, finito agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione. Già vicino a Fratelli d’Italia, oggi in quota Forza Italia con l’incarico di responsabile provinciale per le politiche energetiche e il green deal, Fortunato era anche tra i papabili per una candidatura alle prossime elezioni regionali. Un amministratore in rampa di lancio travolto dalle indagini della Guardia di Finanza, coordinate dalla Procura di Lagonegro, che nascono da un sospetto pesantissimo: il sindaco avrebbe intascato una tangente da 100mila euro per autorizzare la costruzione di alcuni edifici in assenza di apposite autorizzazioni nel piano urbanistico. A versare la somma sarebbero stati due imprenditori napoletani del settore immobiliare, che avrebbero usato un tecnico compiacente per la consegna del denaro al primo cittadino (da considerare, comunque, innocente fino a prova contraria).

Le carte giudiziarie puntano a ricostruire una presunta rete di favoritismi e di accordi illeciti tra cosa pubblica e potere economico: la fascia tricolore avrebbe infatti interferito direttamente negli uffici comunali, indirizzando le scelte verso soggetti imprenditoriali a lui graditi e indicando egli stesso i tecnici di “fiducia” da utilizzare nei lavori. Una trama articolata che, per la magistratura, configura un vero e proprio “sistema” capace di piegare la macchina pubblica a vantaggi privati. Gli indizi finora raccolti parlerebbero chiaro, stando alle risultanze degli inquirenti: intercettazioni telefoniche e ambientali, dichiarazioni di testimoni e soprattutto perquisizioni, tra cui quella del luglio 2023, che ha portato al sequestro di oltre 160mila euro in contanti. Una somma incompatibile con gli stipendio i risparmi di un amministratore pubblico e che, per gli investigatori, diverrebbe proprio la conferma delle pratiche illecite, in atto nel Comune che si affaccia sul golfo di Policastro, ad opera del suo più alto rappresentante.

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Poche ore prima del blitz a Santa Marina, erano “caduti” la fascia tricolore di San Vitaliano, in provincia di Napoli, Rosalia Masi, e soprattutto il sindaco di Sorrento, Massimo Coppola.
Quest'ultimo è finito in galera insieme al suo fedelissimo “scudiero”, Francesco Di Maio. A incastrarli dettagli di una scena quasi cinematografica: una microcamera nascosta nel bagno di un elegante ristorante del Comune costiero ha immortalato Di Maio (giornalista e fondatore del quotidiano online della Penisola, Agorà) mentre contava, una a una, le banconote appena ricevute da un imprenditore. I finanzieri, appostati a poca distanza, sono intervenuti subito dopo, trovando nelle tasche di Coppola 4.500 euro e altri 1.500 in quelle di Di Maio. Secondo i pubblici ministeri di Torre Annunziata, Giuliano Schioppi e Matteo De Micheli, quella mazzetta rappresenterebbe solo una tranche di un presunto giro di tangenti da 120mila euro legato a un appalto per il servizio mense scolastiche del valore di 4,5 milioni di euro a Sorrento.

Una commessa importante, di quelle che muovono interessi e che, evidentemente, era al centro di un accordo illecito. Coppola e Di Maio, entrambi accusati di induzione indebita a dare o promettere utilità, dovranno comparire oggi davanti al gip di Torre Annunziata, Emanuela Cozzitorto, per l’udienza di convalida. È possibile che il giudice conceda loro una misura attenuata come i domiciliari. Nel filone sorrentino sono 17 gli indagati, tra cui Raffaele Guida, soprannominato “Lello il sensitivo” cui Coppola aveva demandato il compito di mantenere i rapporti con gli imprenditori della costiera interessati a lavorare col Comune. In casa del santone i cani fiuta-soldi hanno trovato 167mila euro conservati nella gamba di un biliardo. In due giorni, tre sindaci finiti nella rete della giustizia. Tre storie diverse, ma che, nella prospettiva della magistratura, raccontano lo stesso male: un’idea tossica di potere, in cui l’amministrazione pubblica viene trattata come una proprietà privata, utile per distribuire favori, incassare denaro e costruirsi carriere politiche. Una gigantesca questione morale che non si può più ignorare.

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