"Quando pedinavo con i miei ragazzi Andrea Sempio rimasi colpito dallo stile di vita di questo giovane commesso. Rimasi cioè sorpreso dalla totale assenza di contatti umani e relazioni sociali. Ogni giorno era la fotocopia di quello precedente. La sua quotidianità si svolgeva semplicemente tra casa e lavoro e notai, altresì, una metodicità del tutto anomala, quasi 'costruita', priva di qualsiasi relazione affettiva, amicale o di altro genere. Era un atteggiamento del linguaggio del corpo, dal non guardare avanti mentre camminava alla routine metodica di ogni dettaglio, una quotidianità in bianco e nero priva di sfumature. Insomma, una persona sola e passiva, indifferente rispetto a quanto gli accadeva intorno. Certo, questo in termini giudiziari non significa nulla né costituisce ovviamente un indizio ma rimanemmo tutti sorpresi".
Questo è, in sintesi, il racconto di Luca Tartaglia, l'investigatore privato incaricato dai legali di Alberto Stasi di pedinare Andrea Sempio nel 2016, oggi indagato dalla Procura di Pavia. In effetti, le indagini odierne partono proprio da quelle investigazioni private svolte nove anni fa. Come ricorda La Stampa, Tartaglia prelevò una tazzina di caffè con cucchiaino e la bottiglietta di plastica d'acqua lasciati da Sempio per portarle al genetista di fiducia, Pasquale Linarello.
Così venne sovrapposto il dna di Sempio con quello ritrovato sulle unghie di Chiara Poggi per concludere e sostenere "una perfetta compatibilità". "Enorme fu la nostra sorpresa - ha proseguito oggi Tartaglia - quando scoprimmo che il dna di Ignoto 1 non era mai stato attribuito. Qualcuno aveva creduto agli alibi forniti, assai traballanti e mai fino all'epoca verificati. Io non cercavo il movente e l'assassino ma di certo su Sempio già all'epoca si addensavano i peggiori sospetti". Per questo motivo l'investigatore privato finì sotto inchiesta. Ma poi venne tutto archiviato e, ancora oggi, Tartaglia sottolinea la bontà del suo intervento.