Non è stato fortunato Lorenzo Lotto. Non è uno che sa “vendersi”, non riesce proprio a farsi portavoce del proprio talento e non ha mai coltivato l’attitudine a piacere ai committenti. Questo è il suo destino, la sua natura, la sua condanna, il suo genio e ormai lo ha imparato. Medita su queste cose, mentre si riposa all’ombra di un albero frondoso e che forse sarà l’ultimo della sua vita terrena. In questo scorcio di luce, prima che arrivi la sera, avverte profondamente questa sensazione, ma non ha paura della morte. A ben pensarci anche questa scelta lo rende diverso. Siamo nel Cinquecento e Lorenzo Lotto, nato a Venezia nel 1480, trascorre ben dodici anni a Bergamo: dal 1513 al 1525. È stato, quello bergamasco, uno dei periodi più intensi e gratificanti del suo percorso artistico. Non a caso proprio nella città lombarda è custodito il nucleo più importante delle sue opere. E proprio per celebrare il 500° anniversario della partenza di Lorenzo Lotto da Bergamo, fino al 31 agosto 2025, l’Accademia Carrara presenta Dentro Lorenzo Lotto: progetto di tutela e valorizzazione dedicato alla famosa Pala di San Bernardino, arricchito dalle immagini di Axel Hütte, fotografo di fama internazionale, autore di un lavoro dedicato agli altari di Lorenzo Lotto a Bergamo.
Un percorso artistico, quello compiuto da Lotto nella città orobica, che si colloca in un secolo sfavillante, animato da grandi eventi, eccezionali personalità e pittori senza precedenti, superstar che collezionano committenze tali da poter mettere in piedi botteghe con decine di apprendisti, lavoranti, allievi. Nomi che pesano come macigni, Giorgione, Leonardo, Michelangelo e soprattutto lui, Tiziano, la superstar capace più di tutti a gestire talento e fama. Pressoché impossibile competere con lui. A Venezia non c’è quasi spazio per nessun altro. Lorenzo Lotto non si cala nella competizione. Troppo umile, troppo buono, troppo uomo di fede, dicono sorridendo molti colleghi, descrivendolo. Dalla sua Lotto ha pochi, pochissimi denari, una fama transitoria, una pittura che non osserva i canoni e che risponde soprattutto alle sue visioni interiori. Come quell’Annunciazione che ha lasciato tutti a bocca aperta, e non sempre per la sua bellezza. Chissà come gli è venuto in mente di dipingere Maria tutta tremante e quasi spaventata, con un Padre Eterno che sembra piombarle addosso, il gatto che schizza via in preda al terrore e l’arcangelo Gabriele con i piedi da contadino. Che si sia guadagnato la fama di “stravagante”, “forastico”, dunque, non lo stupisce. Ma a lui, in fondo, non importa. Per lui, infatti, dipingere è come aderire e trasfondere in tutto ciò che lo circonda, nelle campagne in cui ama gironzolare, le calli di Venezia, le stradine e i vicoli di Treviso e Bergamo, le case dei contadini, le stalle, dove ha fatto nascere tante volte Gesù, accanto alla madre e a Giuseppe. E ha amato gli animali, le piante, i boschi, il riflesso dell’alba sul mare. Lotto non è stato, dunque, una delle superstar dell’arte, pur essendo nato in uno dei secoli più sfavillanti dal punto di vista artistico, con una concentrazione di talenti che forse non ha avuto eguali nella storia. Anche lui, però, fa parte della lunga scia luminosa che ha attraversato l’Italia e l’Europa, seminando ovunque capolavori. La sua fortuna è stata altalenante, poi è seguito un lungo periodo di oscurità prima della riscoperta e della valorizzazione con mostre, studi, e una folla di ammiratori in aumento. Fino a che, quella per l’arte di Lotto, diventa una vera passione.
A Bergamo l’artista ha vissuto una fortuna legata principalmente proprio alla Pala di San Bernardino, attorno alla quale, 500 anni dopo, l’ Accademia Carrara si è fatta promotrice di un’iniziativa che ha coinvolto diverse istituzioni cittadine, con il fine di garantire tanto la conservazione in sicurezza del dipinto, quanto la sua visone in contesti adeguati fino a conclusione dei lavori di stabilizzazione in corso nella chiesa, sede originaria del dipinto, dove dopo aver fatto tappa nella nuova sede del Museo diocesano Adriano Bernareggi, partner del progetto, l’opera tornerà a risplendere in quella che è la sua collocazione storica. All’Accademia la Pala di San Bernardino è inserita in un itinerario in tre tappe che la mettono in relazione con il patrimonio qui conservato e con l’importante lascito del maestro veneziano nelle chiese cittadine, fino alla straordinaria impresa pittorica dell’Oratorio Suardi a Trescore Balneario. Si tratta dunque di un invito a compiere una sorta di viaggio sulle tracce dell’artista a Bergamo e dintorni, luoghi che l’artista ha tanto amato, nei quali è riuscito a sentirsi “accettato”, come se finalmente avesse trovato casa e requie. Anche se poi, in definitiva, anche Bergamo finirà alle spalle dell’artista, nel suo infinito peregrinare iniziato con la prima partenza, quella dalla natia Venezia. Tra le tappe del lungo cammin o di Lotto ci fu anche la Roma dei Pontefici che con l’ausilio degli artisti, volevano far tornare l’Urbe grande e influente.
Neppure la Città Eterna, però, l’ha irretito come ha fatto, invece, con altri, e non l’ha lanciato nel firmamento dei grandi artisti né delle migliori committenze. Per cui da ultimo approda a Loreto, dove arriva senza soldi, con qualche masserizia, e alcuni suoi quadri che non riesce a vendere, ma dove prova una serenità nuova, intima, proiettata verso un orizzonte più largo, che contempla da quelle stesse colline che circa tre secoli più tardi ad un’altra grande anima – quella di Giacomo Leopardi – ispireranno versi senza pari. Qui Lotto lascia le sue ultime opere fino al giorno della morte, nel 1556, in cui è impressa una sorta di ombra e di incompiutezza che preannuncia l’ultimo cammino, il più lungo, infinito.