L’Italia prosegue il percorso di potenziamento della difesa. Secondo fonti di governo, il nostro Paese ha chiesto, insieme con altri 17 partner europei, di accedere al fondo “Safe". Si tratta del secondo pilastro del piano Rearm Europe che consente di beneficiare di una linea di credito per il finanziamento di programmi di obiettivi di difesa già pianificati nel quinquennio 2026-2030. Trattandosi di uno strumento che prevede restituzione dei fondi nell’arco di 45 anni è un meccanismo conveniente sul piano dei conti pubblici, perché comporta un alleggerimento del bilancio dello Stato. Il nostro Paese ha chiesto un massimo di 15 miliardi, ma non si esclude che l’ammontare possa essere minore.
Insieme con il nostro Paese, hanno manifestato interesse Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Croazia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Finlandia. Un consuntivo positivamente sottolineato dal Commissario alla difesa e lo spazio, Andrius Kubilius, il quale osserva che «il forte interesse» per lo strumento «dimostra l’unità e l’ambizione dell’UE in materia di sicurezza e difesa. Manteniamo il nostro impegno a sostenere gli Stati membri nei loro sforzi per migliorare la sicurezza. “Safe” è simbolo del nostro impegno a rafforzare la nostra preparazione in materia di difesa per un futuro più sicuro e unito».
Il dibattito coinvolge anche il quadro italiano. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha spiegato che «i debiti “Safe” sono più convenienti dei Btp, è una fonte di finanziamento alternativa per finanziare delle spese perla spesa di investimento della Difesa, in larga parte già previste e in itinere». L’opposizione va in ordine sparso: il Movimento 5 Stelle e Avs, notoriamente contrari a qualunque percorso di difesa comune, già salgono sulle barricate. «Chiediamo un’informativa urgente a Meloni o a Giorgetti per avere delucidazioni rispetto alla decisione di attivazione dei fondo “Safe”», ha detto alla Camera il deputato pentastellato Arnaldo Lomuti, e ha aggiunto: «Siamo preoccupati perché qui si parla di indebitamento. È una spesa, quella militare, che sul Pil non produce nulla». Alla sua istanza si è affiancato Marco Grimaldi, capogruppo di Avs: «La prima cosa grave è che si annunci l’adesione a programma “Safe” fuori da una discussione del Parlamento europeo e fuori da questa Aula», e ha chiesto alla Presidente del Consiglio Meloni di riferire in Aula. A concordare con l’utilizzo di “Safe” è invece Carlo Calenda: «Azione è stato l’unico partito a chiedere di utilizzare questo strumento appena è stato varato», ha scritto su X.