Sul tetto di un treno trasformato in una tavola da surf. Una passerella estrema che corre sui binari tra Sale Marasino e Marone. Il lago d’Iseo immobile sullo sfondo, due ragazzi con il volto coperto da una maschera, sono lì, in bilico. Nei tratti in galleria si sdraiano sulla lamiera per evitare di urtare la volta, poi si rialzano e sorridono alla telecamera dello smartphone. Una sfida assurda, studiata per diventare video virale sui social, ma che li ha portati dritti in una sala della Polizia ferroviaria. E poteva finire peggio. I due artefici dell’ultima “challenge” (sfida virale) hanno 16 e 17 anni: il primo di origini cingalesi è residente a Milano, il secondo moldavo e domiciliato a Brescia. Entrambi sono stati denunciati per attentato alla sicurezza dei trasporti.
L’indagine, coordinata dalla Procura per i Minorenni di Brescia, era iniziata a luglio, quando Trenord aveva segnalato la presenza di sagome sui tetti dei convogli della linea Brescia–Iseo–Edolo. Le telecamere di stazione e di bordo hanno ripreso i due mentre si arrampicavano all’esterno e camminavano lungo il tetto del treno in corsa. Gli investigatori hanno incrociato quelle immagini con le tracce digitali lasciate sui loro profili social e con alcune testimonianze, arrivando rapidamente alla loro identificazione. Uno dei due era già noto: l’anno scorso si era arrampicato sulla Torre Breda di Milano, trasformando la scalata in un altro video “adrenalinico” per la rete. Il “train surfing”, questo il suo nome, è un fenomeno nato decenni fa in città come New York, Berlino o San Paolo. All’epoca era una sfida clandestina tra adolescenti, diffusa con passaparola. Oggi i social l’hanno rilanciata in versione globale.
Bastano pochi secondi di clip per trasformare un atto pericolosissimo in una sfida di tendenza. Chi lo pratica si muove sui tetti dei convogli, si aggrappa alle fiancate, si sdraia durante il passaggio in galleria per poi rialzarsi subito dopo. Nei tratti panoramici, come lungo il lago d’Iseo, le immagini diventano ancora più “cinematografiche”, e proprio per questo più appetibili per l’algoritmo e per chi cerca visibilità.
Il pericolo, però, è concreto e immediato. Sopra le carrozze corrono cavi dell’alta tensione a tremila volt e componenti fondamentali per il sistema di frenatura: un contatto involontario può essere fatale o mettere a rischio la sicurezza dell’intero convoglio. Senza contare il pericolo di essere sbalzati via da una turbolenza, di urtare una galleria o di perdere l’equilibrio a oltre 100 km all’ora. In un contesto simile, l’errore non concede seconde possibilità.
Negli ultimi anni in Italia si sono verificati diversi episodi, anche se meno frequenti rispetto ad altri Paesi. Nell’agosto 2024 un 18enne aveva percorso quasi cento chilometri aggrappato alla locomotiva di coda di un Intercity da Civitanova Marche a Pescara, scendendo stremato e con una ferita alla testa. Lo scorso anno, a Milano, un gruppo di ragazzi era stato ripreso mentre “surfava” sulla metropolitana. Nel 2016, a Roma, un giovane russo in vacanza aveva perso la vita folgorato a Termini, dopo essersi arrampicato per scattare un selfie vicino ai pantografi. A Verona nel marzo scorso, un 19enne è salito sul tetto di un treno merci per una bravata che gli è costata la vita: è morto folgorato. Non esiste una norma che menzioni espressamente il “train surfing”, ma il Codice penale e quello ferroviario prevedono pene severe per chi mette in pericolo la sicurezza dei trasporti. Il reato contestato ai due ragazzi di Brescia, prevede pene fino a cinque anni di reclusione, aumentabili se dal gesto deriva un incidente. Aziende ferroviarie e forze dell’ordine stanno tentando di arginare il fenomeno con campagne di sensibilizzazione, controlli più serrati, nuove telecamere e pattugliamenti a sorpresa. Trenitalia ha sperimentato sensori di movimento sui tetti di alcuni convogli ad alta frequentazione, che attivano allarmi e fermano il treno se rilevano presenze non autorizzate. Ma il vero argine resta la consapevolezza: spiegare che ciò che sembra un’avventura da raccontare può trasformarsi in una tragedia in una frazione di secondo. A Brescia, la prontezza di Trenord e il lavoro degli investigatori hanno impedito che i due minori tornassero a rischiare la vita sui tetti dei treni. Ma resta l’impressione che la prossima corsa, da qualche parte, sia già pronta. E che ci sia sempre qualcuno convinto che un video valga più della propria vita, finché non arriva quel secondo di silenzio in cui, tra il rumore delle rotaie e l’aria che fende il volto, il gioco finisce e il treno continua la sua corsa senza di lui.