Pubblichiamo "Posta prioritaria", la rubrica delle lettere di Libero. La risposta di Fausto Carioti al nostro lettore Massimo Moretti.
Caro signor Carioti, grazie al governo, e non certo al sindaco, Milano finalmente si è liberata del Leoncavallo. Per oltre trent’anni questo centro sociale ha vissuto nell’illegalità, occupando abusivamente un immobile e spacciando quell’abuso per «cultura». In realtà, di culturale lì dentro c’era ben poco: feste e politica di estrema sinistra finanziate con i soldi di chi, invece, le tasse le ha sempre pagate. Ora assistiamo al solito copione: minacce, proteste, cortei «antifascisti», slogan vecchi di sessant’anni e il ricatto della piazza. Dopo trent’anni di occupazione abusiva vogliono farsi un altro giro a scrocco. E nella giunta milanese c’è chi pensa seriamente di cedere e offrire al Leoncavallo un’altra sede, ovviamente a spese dei cittadini. Tante famiglie milanesi stringono la cinghia per pagare mutui, affitti, tasse e bollette, e noi dovremmo accettare che i nostri soldi vengano usati ancora per mantenere in vita un simbolo dell’illegalità?
Sarebbe uno scandalo, una presa in giro colossale. La giunta milanese dimostri, una volta tanto, di avere spina dorsale. Il sindaco Sala usi quei fondi in progetti per giovani, sicurezza, cultura vera e riqualificazione urbana. Il denaro dei milanesi non può essere un premio per chi viola le regole.
Massimo Moretti
Caro signor Moretti, non vorrei causarle una gastrite, ma finirà proprio come teme lei: Sala e la sua giunta daranno un’altra sede gratis, o a prezzo simbolico, agli occupanti del Leoncavallo. E una volta messi lì in (finta) regola, nessuno potrà rimuoverli. Non glielo dico perché ho informazioni riservate, ma perché così si comporta la sinistra. Gli appelli pelosi sono già partiti: Claudio Bisio chiede al Comune di «attivarsi per non far morire il Leoncavallo», Michele Serra spiega alla sinistra che «è un’opportunità per il nostro futuro», e come loro tanti altri. Vogliono che il sindaco metta mano ai soldi di tutti per fare un regalo ai loro compagni di sbornie ideologiche. E Sala e i suoi, che non hanno alcun bisogno di essere convinti, daranno ascolto alle voci della ricca borghesia progressista milanese e se la rivenderanno come una grande vittoria della cultura e della legalità.