“Nominato Comandante onorario dello Shayetet (flottiglia, ndr) 13 Fiorenzo Capriotti, già membro della gloriosa Decima MAS”. Sembra sia una parte del testo della motivazione della nomina a Comandante ad honorem ha concesso al sottufficiale italiano Fiorenzo Capriotti.
Sembra, perché il riferimento alla Decima non è certo. Lo è, invece, l’origine italiana del Comandante ad honorem degli incursori di marina israeliani…
Nato ad Ascoli Piceno nel 1909, il giovane Fiorenzo Capriotti si arruola nella Regia Marina nel 1929. Agli albori della seconda guerra mondiale è già veterano di due conflitti, Etiopia e Spagna. Sul mare combatte nella Decima Flottiglia MAS, forse la più celebre delle sei Flottiglie omonime su cui sono articolati gli incursori della Marina italiana fra il 1940 ed il 1943. MAS, Motoscafi Armati Siluranti già protagonisti di eroiche imprese nella Grande Guerra e celebrati da Gabriele D’Annunzio associando l’acronimo “MAS” a Momento Audere Semper (“ricordati di osare sempre”).
Il Capo di II Capriotti (equivalente a maresciallo) è un pilota di Motoscafi Turismo Modificati, barche veloci con una testata esplosiva a prua ed un rudimentale seggiolino eiettabile, così da permettere al pilota-incursore di saltare fuori dal mezzo prima dell’impatto con lo scafo nemico.
Medaglia d’Argento nel 1941 dopo le imprese con i mezzi d’assalto a Suda e a Malta, nello stesso anno è catturato dagli Alleati, finendo in campi di prigionia della Scozia, delle isole Hawaii e del Missouri; poi di nuovo in Italia. L’Armistizio dell’8 settembre tra il Governo Italiano guidato da Badoglio e gli anglo-americani non lo convince a combattere nella “nuova” Marina, la Regia Marina co-belligerante. Diventa così un no-co-man, “non collaboratore”. E, nel 1944, è recluso nel Campo R “Recalcitrant” di Strada dei Laghetti a Terni, duro centro detentivo ricavato da una polveriera, nei mesi dell’occupazione tedesca konzentrazionlager e oggi sito in abbandono, di fronte al super carcere del capoluogo umbro. Allora ospitava elementi delle forze speciali delle Regie Forze Armate, della RSI e tedeschi: i “recalcitranti”, gli irriducibili.
Un lager per fascisti, come lo ha definito un interessante libro di Sandro Bassetti (Terni. Tre lager per fascisti, Lampi di Stampa, 2010) particolarmente rigido, seppure meno noto di altri campi quali Coltano, Rimini e Padula. Sicuramente il peggiore dei tre realizzati fra Narni e Terni: l’ex SPEA (Società Prodotti Esplodenti Autarchici), stabilimento della Marina riconvertito dagli inglesi in campo per marinai no-co-man e il Civil Internee Camp di piazzale Donegani, laddove nel dopoguerra sorse la Montecatini/Moplefan.
Con la Repubblica, le epurazioni impediscono a molti militari non cooperanti e ad ex Salò di riprendere servizio, compresi chi, come Fiorenzo, non si è mai macchiato di crimini di guerra. Necessità di carattere diplomatico ed economico permettono, tuttavia, prospettive nuove dall’assunzione come piloti nelle compagnie di bandiera, all’addestramento all’uso di sistemi d’arma ceduti a paesi esteri. Dai caccia FIAT G59 acquistati dall’Argentina di Peron agli MTM venduti come semplici motoscafi allo stato di Israele.
Se da un lato infatti il Trattato di Pace del 1947 aveva enormemente limitato le capacità difensive italiane, dall’altro il surpluss militare poteva far gola a paesi impossibilitati ad acquistare armi più moderne e costose. Ad esempio il giovane stato d’Israele nato, di fatto, sotto assedio. Il principale nemico di Gerusalemme è stato, sin dalle sue origini, l’Egitto, temibile minaccia terrestre e navale nella guerra arabo-israeliana scoppiata appena dopo la nascita dello stato.
Le neonate IDF (Israeli Defence Forces) si armano come possono, rivolgendosi anche gli ex paesi dell’Asse che, come l’Italia, avevano promulgato leggi anti ebraiche e sostenuto il Reich germanico.
Una scelta che aiuta a comprendere il pragmatismo di Israele: di fronte all’eventualità di essere spazzati via, gli israeliani ricorrono ad ogni mezzo per sopravvivere, anche ad un marò non cooperante.
A permettere la partenza di Fiorenzo Capriotti e di Nicola Conte (incursore di Mariassalto, forza speciale della Marina co-belligerante) per formare gli israeliani all’uso degli MTM, sarebbe stato un accordo fra le autorità italiane, i servizi segreti ed Ada Sereni, che seguiva l’emigrazione degli ebrei dalla Penisola italiana a Gerusalemme. Anche qui andiamo di “condizionale”: la peculiarità dell’argomento e la sua scarsa conoscenza non permettono infatti di avere un quadro completo dei modi in cui avvenne il “trasferimento”.
L’addestramento ha successo e gli incursori israeliani, al comando dei barchini esplosivi, affondano un cacciatorpediniere egiziano, nave ammiraglia della flotta egiziana, ed una seconda unità di fronte alle coste di Gaza. E’ il 22 ottobre 1948. L’ultima azione in mare con gli MTM era avvenuta nell’aprile 1945, al largo de La Spezia, contro il cacciatorpediniere francese Trombe.
Il legame fra Capriotti ed Israele non si ferma all’azione di Gaza. I rapporti fra il militare italiano e Gerusalemme si mantengono stretti nel corso degli anni, almeno fino al 1992 quando Fiorenzo riceve il grado di Comandante ad honorem dello Shayetet 13.
Repetita iuvant: non sappiamo se il riferimento alla “la gloriosa Decima MAS” nel testo della motivazione sia o meno attendibile, possiamo tuttavia dire con certezza che la vicenda di Capriotti e di Conte è ben poco nota. Il marò ascolano è morto a San Benedetto del Tronto nel 2009. Ha lasciato un libro di memorie Diario di un fascista alla corte di Gerusalemme che, forse, vale la pena recuperare e leggere.