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Giulio è debole, così ritorna l'idea: riformare le pensioni

Tremonti è debole, così Sacconi e Martino tornano alla carica. La partita è aperta: ma Giulio resiste

Andrea Tempestini
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Partito da Roma per il G20 in corso a Washington con la giacca da ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che ieri ha detto che  la crisi «dipende dall'Europa, e l'Europa dipende dalla Germania», corre il rischio di rimettere piede in Italia, domani, e trovare una situazione meno stabile dalle parti di via Venti Settembre. La sua poltrona non sarà ancora stata occupata da qualcun altro. Tuttavia nelle file della maggioranza e pure del governo danno  ormai come aperte le danze per la successione al professore di Sondrio. Il quale è finito nel mirino di Lega  e Pdl, oltre che dei colleghi ministri, per la sua gestione personalistica delle casse dello Stato. Dall'insofferenza dei giorni scorsi si è passati alla ricerca della soluzione e, soprattutto, di una possibile alternativa. Questo nonostante il ministro faccia filtrare che lui di dimettersi non ha alcuna intenzione. Resta il fatto che già si fanno diverse ipotesi e circolano un po' di nomi. E a chi si mostra ancora piuttosto prudente con le dichiarazioni - il ministro Ignazio La Russa ieri si è limitato ad ammettere che c'è «qualche mal di pancia» -  fanno da contraltare le parole   del sottosegretario  Daniela Santanchè, che ha messo al bando «il decisionismo tremontiano» proponendo di «spacchettare il ministero».   Ipotesi, quella ventilata dalla Santanché, difficilmente percorribile. Come alternative «secche» a Tremonti, invece, circolano due nomi.  Anzitutto quello di Antonio Martino, che negli ultimi giorni è al lavoro per la creazione di un think tank da affiancare a  Berlusconi, proprio per le scelte economiche. Tra cui la riforma delle pensioni che è tornata d'attualità ieri. L'altro  candidato   è Maurizio Sacconi. Sull'attuale responsabile del Welfare, però, si raccolgono  un paio di controindicazioni in ambienti pidiellini. Sacconi viene considerato fin troppo tremontiano. Senza dimenticare che il suo passaggio a via Venti Settembre aprirebbe un complicato rimpasto di governo. Martino, quindi, sembra partire in leggero vantaggio. Da scartare, invece, qualsiasi opzione tecnica, compresa la promozione a ministro del direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli.  La partita è aperta.  Tra i frondisti del Pdl, fa  la voce grossa Guido Crosetto. Il sottosegretario alla Difesa, oltre alle critiche a Tremonti (condivise dal Cocer)  per non aver invitato la Difesa al tavolo sulle dismissioni immobiliari, pone l'accento sulla necessità di riportare la regia economica a Palazzo Chigi. Auspica, invece, le «dimissioni» il Responsabile Domenico Scilipoti.  «Non aiuta l'esecutivo la guerriglia di chiacchiere pro o contro il titolare di via XX Settembre» sostiene il vicepresidente Pdl a Montecitorio, Osvaldo Napoli.   Non c'è dubbio che per il ministro questo sia uno dei momenti più critici. Chissà se seguirà il consiglio della sorella Angiola: «Mandi tutti al diavolo, faccia l'avvocato e guadagni l'ira di Dio». di Francesco De Dominicis

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