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Tutti i "regali" dell'Inps ai sindacati

Previdenza da rifare: l'ente dà 250 milioni ai Caf per le richieste (spesso farlocche) di sgravi, e prende spiccioli sulle trattenute

Giulio Bucchi
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Spuntano altre magagne in quel «pasticciaccio brutto» che coinvolge l'Inps, il più grande istituto di previdenza del Paese, e i Caf, i centri di assistenza fiscali in gran parte di matrice sindacale. La recente inchiesta dell'Espresso, ripresa e ampliata da Libero, infatti, non svela che una parte del legame «incestuoso». Parla dell'indagine della procura di Roma su migliaia di domande «farlocche»  per il calcolo di Ise e Isee (gli indicatori che consentono ai cittadini di beneficiare di prestazioni agevolate) che sarebbero costate allo Stato due milioni e passa di esborsi non dovuti. Ma porta a galla solo la punta dell'iceberg, perché il sospetto è che da anni e su migliaia di altre pratiche ci fossero delle irregolarità.  Dietro c'è un sistema di mancati controlli, di servizi resi ai sindacati a prezzi irrisori e di contiguità sospette con i rappresentanti dei lavoratori. Funziona così: l'istituto guidato da Antonio Mastrapasqua riconosce a circa 80 Caf un compenso tra i 10 e i 16,5 euro per ogni dichiarazione compilata per i cittadini che richiedono benefici pubblici. «In soldoni – spiega a Libero un ex funzionario dell'Inps da poco in pensione -  ai sindacati andavano  circa 110 milioni di euro per l'ISEE, altri 100 per le dichiarazioni dei redditi connesse alle prestazioni pensionistiche (assegno minimo, reversibilità ecc.), tra i 5 e i 9.888.000 euro (una delibera, la 113/2010, ha previsto l'innalzamento dei costi unitari da 2,5 a 4,5 euro circa ndr) per i documenti relativi alle detrazioni fiscali (figli a carico e coniuge), più gli spiccioli per altri servizi». Un bel bottino, che oscilla tra i 200 e i 250 milioni di euro all'anno. Bene, a fronte di quest'esborso il nostro istituto di previdenza non si è mai sprecato in verifiche. Anzi. L'Inps, per esempio, non ha mai controllato se le dichiarazioni Isee rese dai Caf fossero effettivamente richieste dal cittadino. Non di rado, infatti, succede che sia il centro di assistenza a compilare il modulo per conto del contribuente che chiedeva tutt'altro servizio. «Le dichiarazioni ISEE – continua il funzionario - non sono state mai controllate né sul piano del rispetto delle convenzioni (numero delle richieste, reiterazione), né per quanto riguarda il contenuto». Ci spieghi meglio. «Le dico che non è stato effettuato nessun riscontro nemmeno incrociando i dati degli archivi informatici. Spesso si trattava di verifiche semplici e poco costose». Eppure la procura di Roma sta indagando proprio su una denuncia dello stesso istituto di previdenza. «Beh, le spese nel 2010 erano lievitate dai 90 preventivati a 110 milioni... Ma allora perché questi controlli non sono stati fatti tutti gli anni e in modo sistematico?». Chi li avrebbe dovuti fare? «Bella domanda. La verità è che nelle convenzioni con i Caf non sono previsti meccanismi di controllo, né un sistema di penali commisurate alla gravità dell'inadempimento. Mancano riferimenti all'Agenzia delle Entrate che potrebbe facilmente verificare gli importi dichiarati». E la storia non finisce qui. Perché oltre ad appaltare servizi ai Caf, l'istituto di previdenza riscuote le trattenute per le nostre rappresentanze dei lavoratori. Come funziona? Il cittadino inoltra la domanda per avere la pensione e l'Inps si tiene la quota della delega chiedendo in cambio a Cgil, Cisl, Uil, Ugl ecc. una cifra irrisoria. Quanto? In una recente intesa (2 dicembre 2011)  è messo per iscritto che «la riscossione di una nuova delega contestuale alla domanda di pensione telematica costa ai sindacati 0,03 centesimi, che diventano 0,36 se la domanda di pensione è cartacea». La revoca della delega comporta un esborso di 1 euro e 90 centesimi e il passaggio da un sindacato all'atro 2 euro e 11. È solo uno dei tanti accordi, ma negli altri le cifre sono simili. «Si tratta di costi irrisori – spiega ancora il funzionario che per anni ha lavorato tra i tecnicismi previdenziali - se si considera l'attività di aggiornamento delle procedure, contabilizzazione e controllo che il servizio di riscossione richiede. Potremmo dire che l'Inps lavora in perdita». E perché l'istituto dovrebbe lavorare in perdita? O meglio: perché l'Inps dovrebbe pagare circa 250 milioni all'anno ai sindacati e poi chiedere poco più di «un obolo» per l'attività di riscossione delle trattenute (che tra l'altro sono esentate dal pagamento dell'Iva)? L'impressione è che il sistema, ormai collaudato, vada bene a tutti. Ma soprattutto che vada bene a quella cinghia di trasmissione che si è creata tra l'istituto di previdenza e i sindacati. Basta vedere la governance dell'Inps per capire. L'istituto di previdenza si basa su un sistema duale. Da una parte c'è il cda, guidato da Antonio Mastrapasqua, e dall'altra il Consiglio di indirizzo e vigilanza (predispone gli obiettivi strategici e approva il bilancio) composto da 24 membri in buona parte designati dalle rappresentanze dei lavoratori. Il presidente Guido Abbadessa, per dirne una,  è stato nella segreteria del Pci di Catania, poi segretario della Federbraccianti della Cgil in Sicilia e segretario generale della Filt Cgil. Mentre tra i consiglieri ci sono Rocco Carannante, tesoriere della Uil, Donatello Bertozzi, Giuseppe Galli e Moreno Gori per la Cisl. Per non parlare della pletora di comitati provinciali e regionali dell'Inps anch'essi per buona parte nelle mani dei sindacati. Da anni si cerca di ridurli, ma chissà perché ogni tentativo è andato a vuoto. «È seguendo questo filo rosso – conclude il funzionario - che si capiscono meglio i tardivi ed ancora parziali  controlli sulle dichiarazioni Isee , «l'obolo» pagato dai sindacati per la riscossione delle  trattenute e il monopolio di rappresentanti dei lavoratori, patronati e Caf nella gestione di previdenza ed assistenza». di Tobia De Stefano

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