Sostenibilità: 300 imprenditori a confronto su filiere tessile e pelletteria
Milano, 5 feb. (Labitalia) - Trecento tra imprenditori e manager appartenenti alle filiere del tessile e della pelletteria italiane si sono dati appuntamento venerdì scorso nell'Aula Magna del Politecnico di Milano, al campus Bovisa, per discutere sistemi e procedure per raggiungere il cosiddetto 'Zero Discharge of Hazardous Chemicals', per migliorare il benessere umano e ambientale. Zdhc è un programma lanciato da un gruppo di brand e retailer di abbigliamento e calzature che collaborano per raggiungere entro il 2020 l'obiettivo di annullare lo scarico nell'ambiente di materiali chimici pericolosi o dannosi. La giornata ha previsto, pertanto, la presentazione dei risultati di ricerche e survey circa l'implementazione di processi più puliti da parte degli attori delle filiere italiane del fashion, seguiti da due tavole rotonde, rispettivamente di aziende della filiera tessile e della filiera della pelle, entrambe moderate da Alessandro Brun, docente della School of Management del Politecnico di Milano. I fornitori strategici dei più importanti gruppi del lusso hanno dato vita a un confronto costruttivo, per ragionare su tecniche, materiali e procedure che tengano sempre in maggiore conto la sostenibilità, non solo ambientale, in modo da produrre oggetti di lusso veramente rispettosi delle persone e del pianeta. Un workshop a porte chiuse che la School of Management del Politecnico di Milano ha ospitato per tre ragioni: perché il Supply Chain Management rappresenta per la Scuola - attiva su tematiche 'cross' tra discipline ingegneristiche e di gestione economica - uno dei principali filoni di ricerca, perché il Design e il Fashion-Luxury sono tra le sue eccellenze riconosciute, con master specialistici che affiancano i ben noti corsi di laurea dell'Ateneo, e perché la sostenibilità sarà un tema che negli anni a venire sosterrà in maniera trasversale tutto il suo sviluppo strategico. "E' importante per noi - commenta Alessandro Brun, direttore del Master in Global Luxury Management - accogliere un evento in cui brand eccellenti di fashion-luxury discutono concretamente e progettano di unire le forze per rendere le supply chain ancora più sostenibili. Una delle conseguenze più rilevanti di giornate di confronto come questa è che si esce con una visione più positiva del contributo che le Università possono dare allo sviluppo industriale del Paese. Diversi partecipanti mi hanno confidato di avere preso finalmente in considerazione le collaborazioni universitarie come un modo reale per portare innovazione nei loro processi aziendali, così da mantenere la filiera produttiva nella posizione di leadership mondiale che caratterizza la pelle, il tessile e più in generale il fashion made in Italy. Così deve essere l'Università anche in Italia deve essere considerata un laboratorio vivo di idee, progetti, sperimentazioni, eccellenze". Alessandro Brun è anche tra i promotori della Sustainable Luxury Academy, nata un paio di anni fa su iniziativa della School of Management del Politecnico di Milano e di Mazars, società di revisione e advisory, per riunire le voci più influenti dell'industria del lusso e incidere positivamente sul mercato. L'Academy vuole essere una sorta di Osservatorio permanente che monitori quanto le aziende italiane del lusso siano effettivamente sostenibili - quali, in che settori, con che tipo di politiche e risultati, fino a posizionare ogni azienda su un 'maturity model' che misuri il livello di adozione di pratiche idonee - e proponga una roadmap di azioni da intraprendere, ma anche un laboratorio di idee in cui imprese, esperti, docenti e ricercatori possano confrontarsi, collaborare, far circolare best practice, mettere a punto nuove strategie per sviluppare e diffondere questa cultura sempre più necessaria e apprezzata dai consumatori. Uno dei primi documenti realizzati dall'Academy è il 'Manifesto del lusso sostenibile'. “Non solo i consumatori, ma le imprese stesse - conferma Brun - sono molto sensibili al tema della sostenibilità. Proprio dalle aziende produttrici di beni di lusso ci è arrivata la richiesta di fare formazione, di condividere le pratiche migliori, anche tra competitor, di far circolare casi di successo a cui ispirarsi, di creare un vero ecosistema in modo da dare voce alle esigenze e alle esperienze di chi realmente sta cambiando la propria organizzazione per produrre in tutta trasparenza, a basso impatto ambientale e senza sfruttamento, del pianeta e del lavoro”.