8 marzo: Bcg, in 97% imprese politiche su donne ma benefici solo per 28%
Roma, 7 mar. (Labitalia) - L'impegno c'è, i risultati no. Nonostante circa il 98% delle aziende nel mondo abbia investito in qualche misura per l'inclusione e la promozione della diversità (con misure apposite per donne, persone di colore e Lgbtq), solo un quarto delle persone interessate (il 28%) ne ha beneficiato. Una situazione evidente anche in Italia, dove il 97% delle imprese ha adottato politiche a favore delle donne, ma quelle che ne hanno beneficiato sono appena il 29%. È quanto risulta dal report realizzato da Boston Consulting Group intitolato 'Fixing The Flawed Approach To Diversity', che ha intervistato 16.500 dipendenti di aziende in 14 Paesi, tra cui l'Italia (i risultati presentati riflettono, per i soli dati sulla diversità etnica, la realtà di Usa, Uk e Brasile), individuando lacune e ritardi nell'implementazione delle misure antidiscriminatorie aziendali. "La strada è certamente ancora lunga. Alla consapevolezza ormai raggiunta a livello globale su questi temi, non segue ancora la capacità di creare e mettere in atto programmi concreti e strutturati. Iniziative sporadiche, non inserite in piani di ampio respiro, sono sintomo di scarso impegno 'reale' della leadership e rischiano, come dimostrano i risultati dello studio, di non essere efficaci", commenta Laura Villani, Partner and Managing Director di Boston Consulting Group e responsabile del progetto Women@BCG per Italia, Grecia e Turchia. "Guardando alla nostra realtà - continua Villani - l'impegno di Bcg è forte a livello globale e italiano. Ad esempio in tema di diversity 'al femminile', abbiamo progetti specifici a supporto della crescita personale e professionale e di un corretto equilibrio tra le due. Da lì nascono, ad esempio, iniziative per la maternità o legate alla salute: tra le altre, l'8 marzo offriremo, in collaborazione con Lilt Milano (Lega Italiana per la Lotta ai Tumori) un momento di formazione e di prevenzione, con la possibilità per tutte le colleghe di Bcg di effettuare una visita senologica gratuita nella nostra sede di Milano”. In materia di politiche Lgbtq, se il 96% delle aziende si è attivato con qualche iniziativa, ne ha percepito gli effetti solo il 51% delle persone interessate. Il problema, come risulta dalle interviste effettuate, è strutturale. I vertici delle aziende sono dominati da un gruppo omogeneo di uomini bianchi (o appartenenti al gruppo dominante, a seconda dei Paesi), over 45 ed eterosessuali. Tra i leader delle aziende di Fortune 500 solo 24 sono donne (meno del 5%), tre di colore e tre omosessuali (dichiarati). Le conseguenze sono intuibili: i dirigenti, dal loro punto di vista, sottostimano gli ostacoli incontrati da questi dipendenti. Ad esempio, tra le varie fasi del ciclo lavorativo (assunzione, mantenimento del posto, avanzamento, impegno dei leader), gli uomini bianchi over 45 (più o meno il 30% delle risposte) vedono difficoltà solo nella prima, cioè il recruitment. Una media più bassa rispetto all'opinione delle donne (37%), delle persone di colore (35%) e di quelle Lgbtq (37%). Non solo: il divario aumenta di 10/15 punti percentuali nelle altre voci. In particolare, la conservazione del posto di lavoro (per le donne al 38%), l'avanzamento (per le donne ancora 38%, ma per le persone di colore 37%) e il commitment aziendale nella questione (qui il divario maggiore è con i gruppi Lgbtq). L'alta esposizione mediatica delle problematiche del lavoro femminile ha portato a una diffusa sensibilità sulla questione (alla domanda “ci sono ostacoli per le donne”, la maggioranza dei dipendenti e le sole donne hanno dato risposto simili, intorno al 36%). Anche in Italia i due gender sono allineati, con al massimo un punto percentuale di differenza in tutte le voci viste prima e in cui potrebbero esserci ostacoli. A livello globale, lo stesso non vale per i lavoratori di colore (qui la differenza è di nove punti percentuali) e per i membri delle comunità Lgbtq (qui arriva fino a 11 punti). L'Italia riflette questo ampliamento del delta nella seconda categoria, segno che la sensibilità non è ancora diffusa: ad esempio, il 39% degli intervistati Lgbtq ritiene ci siano ostacoli nell'avanzamento della propria carriera, problema percepito solo dal 28% degli eterosessuali. Stessa differenza nella voce relativa all'impegno della leadership (36% contro 25%).