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Vittorio Feltri spiega come è nato il "Quarto Reich" di Angela Merkel

Andrea Tempestini
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Da anni non è raro imbattersi in manifesti e prime pagine di giornali che raffiguravano Angela Merkel in divisa nazista, con la svastica al braccio e i baffetti di Adolf Hitler. Quell'immagine è apparsa nelle piazze greche, cipriote, spagnole e anche italiane. Una larga parte delle popolazioni degli stati cosiddetti periferici è convinta che la Germania democratica persegua lo stesso disegno egemonico sull'Europa della Germania nazista e che la Merkel sia riuscita laddove Hitler ha fallito. Il dominio sul continente non è stato ottenuto con i panzer ma attraverso l'Euro, in una maniera meno violenta ma perfino più opprimente. In Francia Marine Le Pen, che appartiene a una cultura profondamente di destra, parlando della sua battaglia contro la germanizzazione dell'Europa non ha esitato a fare riferimento alla Resistenza francese contro l'invasione nazista durante la Seconda guerra mondiale. Parole d'ordine simili vengono utilizzate da forze di estrema sinistra come Syriza in Grecia. E critiche dello stesso tenore non sono mancate in ambienti europeisti: El Pais, il principale quotidiano spagnolo progressista, in un editoriale (poi ritrattato) ha accusato la Merkel di essere «come Hitler, che ha dichiarato guerra al resto del continente, stavolta per garantire alla Germania il suo spazio economico vitale». Per il settimanale britannico laburista New Statesman Angela Merkel è la più grande minaccia all'ordine globale, più del dittatore nordcoreano Kim Jong-un e dell'iraniano Ahmadinejad: «Merkel è il leader tedesco più pericoloso dopo Hitler». Se si guarda a questo contesto il titolo forte dell'ultimo libro di Vittorio Feltri e Gennaro Sangiuliano, Il Quarto Reich. Come la Germania ha sottomesso l'Europa (Mondadori, pp. 111, euro 17) raffigura un sentimento diffuso e un'analisi abbastanza condivisa, ovvero che la Germania si sia avvantaggiata della crisi a discapito degli altri partner europei. I deboli governi italiani hanno subìto le rigide regole europee senza neppure riuscire a rispettarle, la spesa pubblica non è stata toccata, niente privatizzazioni e liberalizzazioni, pareggio di bilancio rinviato di anno in anno al 2017. Ma usciti di scena Zapatero, Berlusconi e Sarkozy, la leadership della Merkel appare incontrastata, senza che ci sia nessuno in grado di resistere all'egemonia tedesca, di strappare condizioni più favorevoli. C'è solo Mario Draghi, al vertice della Bce, imbrigliato dalla tattica «poliziotto buono - poliziotto cattivo» dei tedeschi, con la Merkel che si dice disponibile ad aiutare i Paesi in difficoltà e il capo della BuBa Jens Weidmann e i giudici costituzionali tedeschi nella parte dei custodi dei soldi e della sovranità nazionale dei tedeschi. «Nessun politico tedesco vuole imporre una guida tedesca» ha cercato di rassicurare gli europei il presidente tedesco Joachim Gauck. Ma l'antico dilemma posto da Thomas Mann, se cioè il futuro ci avrebbe consegnato «un'Europa germanica o una Germania europea», sembra propendere secondo gli autori nel primo senso. Feltri e Sangiuliano spiegano come sono cambiati i rapporti di forza in Europa negli anni della moneta unica, come la Germania ha accresciuto la sua potenza politico-economica e ripercorrono le radici storiche e culturali della pulsione egemonica tedesca. Nelle pagine del libro non c'è acrimonia nei confronti della Germania e non si usano argomenti populisti e ideologicamente anti-tedeschi. Anzi, al fondo c'è anche ammirazione verso una classe politica e un popolo in grado di far uscire il proprio Paese da guerre perse, riunificazioni e crisi economiche sempre più forte di prima: «Siamo al guinzaglio della Merkel - scrivono - la quale evidentemente fa gli interessi della Germania, non i nostri, e quindi proseguiamo nel nostro rapido, inarrestabile declino. Siamo noi che non siamo capaci di darci una Merkel italiana. Forse dobbiamo accettare l'idea che di fronte al Quarto Reich, pur criticandolo, c'è solo da restare ammirati». Un atto d'accusa contro l'egemonia tedesca, ma anche contro l'incapacità della classe dirigente italiana di fare gli interessi del proprio Paese. di Luciano Capone

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