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Battisti ci scrive dal carcere

"Siate cristiani, perdonatemi"

Marco Gorra
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 Cesare Battisti invoca la carità cristiana: la relatà che supera il paradosso. In una grottesca lettera di otto pagine scritta nel penitenziario brasiliano di Papuda, l'ex terrorista si rivolge "all'Italia cristiana" chiedendo di "essere perdonato" con un "atto di nobiltà". La lettera, lunga otto pagine, è stata scritta a mano e consegnata ai senatori Eduardo Suplicy, del Partito dei lavoratori (Pt) e Josè Nery del Partito Socialismo e Libertà (Psol) che l'ha letta integralmente durante una sessione del Senato. Battisti, la cui mancata estradizione dal Brasile ha creato un forte attrito tra il governo italiano e quello di Brasilia, si chiede «se non è giunta l'ora che l'Italia mostri il suo lato cristiano», per il quale «il perdono è un atto di nobiltà». Battisti sottolinea nella lettera che «perfino i nemici» giungono ad «una tregua e si perdonano». «La mia situazione è terribile. Sono allibito, disarmato, di fronte all'ostilità, all'odio colmo di rancore dei miei avversari», prosegue, accennando ai quattro omicidi di cui è accusato in Italia, sostenendo che «l'ironia del destino» fa sì che oggi egli sia stato condannato per tali reati. Battisti riconosce poi di «non aver fatto nulla» per evitare i problemi scaturiti dal suo coinvolgimento nelle lotte della sinistra. Ma si chiede anche come possano i suoi nemici coltivare «tanto odio» per il suo passato. «Possono continuare a dire che sono un assassino, un terrorista», afferma, aggiungendo: «Ad ogni modo, non ce la faccio a pensare a me come a qualcuno capace di fare nemmeno un centesimo di tutto ciò che mi attribuiscono». «Sono vittima di un bombardamento mediatico», assicura inoltre: «Mi piacerebbe tanto poter dire la mia verità al popolo italiano e a quello brasiliano. Ma come posso farlo, visto che la moltitudine manipolata mi lincia ed è convinta che io sono ormai un caso perduto».

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