Filippine, Vagni consegnato
a un altro gruppo di ribelli
L'operatore italiano della Croce Rossa Eugenio Vagni è stato liberato. Ma la bella notizia è durata poco. Il 62enne italiano, infatti, che fonti filippine volevano questa mattina abbandonato nella giungla dai suoi sequestratori, sembra invece sia stato ceduto ad un altro gruppo di ribelli islamici. Vagni, originario di Montevarchi, è l'ultimo di tre dipendenti delcomitato internazionale della Croce Rossa rapiti sull'isola di Jolo,nel sud delle Filippine, il 15 gennaio scorso all'uscita da unaprigione in cui i tre avevano compiuto un sopralluogo nell'ambito di unprogetto di ristrutturazione idrica. Secondo quanto riferito dai suoi ex compagni di prigionia, già tuttirilasciati in precedenza, le sue condizioni di salute ultimamente si erano fatte alquanto critiche. Pronti a nuovi blitz - Vagni, dunque, sarebbe ora nelle mani di altri ribelli sempre delgruppo di Abu Sayyaf. Anche su questo punto però, secondo il portavocedei militari Edgard Arevalo non ci sarebbero certezze. "Stiamo ancoraverificando i movimenti del gruppo legato ad Abu Sayyaf -ha detto aSkytg24- ci prepariamo per eventuali azioni militari, ma con moltaprudenza perché si potrebbe mettere in pericolo la vita di Vagni e deipoliziotti e militari impegnati in questa missione delicatissima". Unasituazione "molto fluida", come ha detto il portavoce della FarnesinaMaurizio Massari, che è tornato a parlare di "cautela". "Stiamo facendotutte le verifiche", ha assicurato, spiegando che sul territorio sonopresenti "diversi gruppi non facilmente assimilabili ad un'unicalogica". Massari ha aggiunto che i contatti con Manila, attraversol'unità di crisi della Farnesina, sono continui e che anche ilministro, pur trovandosi all'Aquila per il consiglio dei Ministri è instretto contatto con la Farnesina e l'ambasciata di Manila. "Speriamodi chiarire quanto prima -ha concluso- l'auspicio è, ovviamente, peruna soluzione positiva della vicenda, ma fin quando non ci sarannonotizie certe preferiamo non pronunciarci". La speranza della liberazione - Nelle prime ore della mattina le agenzie avevano battuto la notizia della liberazione di Vagni: a seguito di un blitz armato sull'isola di Jolo dov'era prigioniero l'operatore della Cri, era circolata la notizia che i ribelli lo avevano abbandonato nela giungla. "Le notizie che abbiamo indicano che l'ostaggio è stato abbandonato dai suoi rapitori", aveva detto il capo della polizia filippina, generale Jesus Verzosa, annunciando che il governo aveva offerto una ricompensa di 10 mila euro a chi fornisse informazioni sul luogo in cui l'italiano si trovava. In una intervista all'Inquirer, l'assistente segretario agli Interni, Brian Yamsuan, aveva spiegato che si «sospetta» che Vagni sia stato abbandonato, dopo che i militari impegnati nel suo recupero hanno riferito di non aver incontrato l'italiano e i suoi sequestratori nelle operazioni delle ultime ore. Il generale Verzosa sta verificando se l'operatore della Croce Rossa sia stato realmente lasciato nella località di Indanan o se invece sia stato trasferito a un'altra milizia che fa capo ad Abu Sayyaf. Vagni, ha aggiunto Verzosa, «è ancora vivo», malgrado le sue «condizioni di salute siano in via di peggioramento».La Farnesina si è subito messa in moto per verificare le notizie con i vertici di Manila. Il giallo della liberazione - Nessuna conferma sulla liberazionedi Eugenio Vagni. Richard Gordon, responsabile della Croce rossa internazionalenelle Filippine, non conferma infatti le voci diffuse nelle ultime ore secondole quali l'operazione militare messa in atto dalle forze governativeavrebbe portato alla liberazione del 62enne italiano. Dopo la liberazione di Andreas Notter, uno dei tre operatori dellaCroce rossa sequestrati (l'altro volontario era la filippina Mary JeanLacaba, prima ad essere liberata il 2 aprile), il governo di Manilaaveva parlato di “rapida soluzione” per l'ultimo degli ostaggi in manoai rapitori. Ieri i militari hanno dato “la luce verde” perl'operazione di salvataggio di Vagni (nella foto insieme a Notter). P. Angelo Calvo, missionario clarettiano e presidente di Peace Advocates Zamboanga(Paz), afferma che “l'azione militare è una soluzione molto rischiosa”viste anche le condizioni di salute dell'operatore italiano chesoffrirebbe di ernia e avrebbe quindi difficoltà di movimento. Non è da escludere che l'annuncio dell'operazione militare e ladiffusione della notizia della liberazione - dice p. Calvo - possanoessere un modo per mettere pressione ai rapitori”. Fonti localiaffermano che, insieme all'azione dei militari, sarebbero ancora incorso negoziati tra i sequestratori e le forze governative.