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Intercettazioni: la Camera

approva, i magistrati insorgono

Albina Perri
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La Camera ha detto sì alla fiducia al disegno di legge sulle intercettazioni, sulla quale il governo aveva posto la fiducia: 325 i favorevoli, 246 i contrari, due gli astenuti. Il voto finale al provvedimento è previsto per domani alle 16. Le operazioni parlamentari sono però state anticipate da una forte polemica da parte dell'opposizione.  Pd, Udc e Italia dei valori hanno scritto direttamente al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, contestando sia il ricorso al voto di fiducia, sia i contenuti del provvedimento. “La misura è colma”, si legge nella lettera. “Questo modo di legiferare della maggioranza” secondo i tra partiti è diventato di fatto “un mercato delle vacche” tra Lega e Popolo della libertà. La lettera a Napolitanoo - Il voto di fiducia posto sul provvedimento “ha come unico obiettivo quello di impedire che ci possa essere una libera espressione da parte dei parlamentari della maggioranza su questo ddl”, hanno spiegato in una conferenza stampa congiunta il capogruppo del Pd Antonello Soro, il presidente dei deputati dell'Idv Massimo Donadi e il vice capogruppo dell'Udc Michele Vietti. “I vertici della Lega hanno deciso di scambiare la morte certa del referendum elettorale, cedendo un pezzo di libertà del Paese”, ha aggiunto il capogruppo dell'Italia dei Valori, Massimo Donadi, commentando quello che l'opposizione definisce un do-ut-des Carroccio- Pdl concordato all'indomani delle elezioni europee ed in vista dei ballottaggi alle amministrative e dei referendum il 21 giugno. La dura critica dei magistrati - La critica più dura al decreto arriva dall'Associazione nazionale magistrati, secondo la quale la riforma delle intercettazioni unita a quella del processo segnano nei fatti “la morte della giustizia penale in Italia”. Sono queste, per l'Anm, scelte legislative “che rappresentano un oggettivo favore ai peggiori delinquenti”. Ed è come e se governo e Parlamento chiedessero “alle forze dell'ordine e alla magistratura inquirente di tutelare la sicurezza dei cittadini uscendo per strada disarmati e con un braccio legato dietro la schiena”. Stando così le cose, si domanda l'associazione, perché l'esecutivo con si assume “la responsabilità politica di abrogare l'istituto delle intercettazioni” piuttosto che trasformale “in uno strumento non più utilizzabile”. Insorgono i giornalisti - La Federazione italiana editori giornali (Fieg) e la Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) hanno sottoscritto un appello al Parlamento e a tutte le forze politiche per "evitare l'introduzione nel nostro ordinamento di limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca e di sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori. Tali previsioni violerebbero il fondamentale diritto della libertà d'informazione, garantito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo". Fieg e Fnsi concordano sulla necessità «che sia tutelata la riservatezza delle persone, soprattutto se estranee alle indagini» ma non accettano "interventi che nulla hanno a che vedere con tale esigenza e che porterebbero ad un risultato abnorme e sproporzionato: limitare, e in taluni casi impedire del tutto, la cronaca di eventi rilevanti per la pubblica opinione, quali le indagini investigative". Le associazioni sono contrarie anche a "sanzioni detentive nei confronti dei giornalisti" e alla "responsabilità oggettiva a carico degli editori, che verrebbe ad aggiungersi in modo confuso a quella del direttore di giornale". Fnsi e Fieg chiedono quindi che "vengano introdotte nel ddl Alfano, su questi limitati ma decisivi aspetti, le correzioni necessarie alla tutela di valori essenziali per la democrazia".

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