Appunto- di Filippo Facci
Vieni avanti, velino
Il problema del «velinismo» non è grave come si dice, è molto peggio. Anzitutto perché, coi nostri sistemi elettorali, non parliamo neppure di candidature ma praticamente di nomine: quindi dovremmo stabilire se sia più immorale candidare una tizia perché è gnocca oppure candidarne un'altra perché è amante, segretaria, parente, medico, avvocato personale, pizzicagnolo di fiducia. Fingiamo di non vedere, in secondo luogo, il contraltare maschile del candidato moderno: uomini ricchi - che non devono essere gnocchi o velini: basta che non siano deformi - i quali siano accondiscendenti e digiuni di politica. Ma c'è un terzo aspetto, ed è il peggiore. Trattandosi appunto di nomine, a meno di stabilire una preselezione dei candidati per curriculum e quindi un pizzico per censo (studi, cursus honorum, esperienze eccetera) in questo modo viene a mancare l'unico criterio selettivo che potrebbe infine zittire tutti: la scrematura democratica, cioè la scelta diretta dell'elettore. E, mancando questa, sorry: non esiste un criterio oggettivo e davvero liberale per stabilire che una candidatura sia peggiore di un'altra, qualsiasi criterio implica discrezionalità. Essere gnocche, del resto, non può passare da valore a disvalore. La sostanza - con questi sistemi elettorali, ripeto - è che a fare le nomine adesso è il Cavaliere coi suoi criteri, dopo di lui sarà un altro con i suoi. Vi piace? A me no.