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Fiorani: "Fazio un incubo che torna ogni notte"

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La deposizione in aula dell'ex "furbetto" della mancata scalata ad Antonveneta

Michela Ravalico
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Deposizione in aula per Giampiero Fiorani, il banchiere caduto in disgrazia dopo la fallita scalata ad Antonveneta. L'ex amministratore delegato della Banca di Lodi, oggi Bpi, si scarica la coscienza e scarica tutte le colpe e le responsabilità sull'ex governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio. Nell'interrogatorio, Fiorani racconta anche del via libera politico di Silvio Berlusconi alla scalata e di quello istituzionale di Lamberto Cardia (presidente della Consob). Fazio - "Per me è un incubo che torna ogni notte”. Queste le parole usate da Fiorani interrogato mercoledì mattina al processo in corso a Milano. In particolare l'ex numero uno della Bpl ricorda come Fazio, tra fine marzo e inizi aprile del 2005, gli disse che “dovevano fare fallire l'opa di Abn  Amro” sull'Antonveneta e incoraggiava lo stesso Fiorani a superare la quota del 50%. "Queste cose - dice Fiorani - me le ricordo come un incubo di  notte. Vengono fuori tutte le notti da cinque anni e mezzo e ricordo non solo le parole, ma anche le fattezze con le quali le ha dette”.  Berlusconi- "Nel luglio 2004 incontrai in Sardegna a casa del premier Berlusconi, Grillo (il senatore Luigi Grillo,ndr) e Previti. Parlai a Berlusconi della mia volontà di scalare Antonveneta, lui mi disse "'se al Governatore va bene, è un bellissimo progetto. Gli portai il progetto con la copertina dei colori di Forza Italia perchè pensavo potesse fargli piacere, cambiando il colore della copertina originaria che aveva i colori dell'Antonveneta". Geronzi - "Il 5 novembre del 2004 Fazio mi  disse di aver fermato Geronzi". Fiorani si riferisce al progetto iniziale di Bankitalia, che prevedeva di "concedere" alla Lodi il gruppo romano Bnl, mentre Antonveneta sarebbe dovuta finire a Capitalia, di cui all'epoca era presidente Cesare Geronzi, oggi presidente Mediobanca. Dopo una riunione in Costa Azzurra con i suoi manager, però,  Fiorani comunicò a Fazio che l'interesse di Bpl era più orientato su Antonveneta. Così, a novembre, Fazio gli comunicò di "aver fermato Geronzi". Ed è sempre Fiorani a dire nell'aula del processo milanese che in realtà  la moral suasion “è solo un concetto astratto”, perchè “ieri come forse oggi in Banca d'Italia c'è un dirigismo e nulla viene deciso se non lo decide il governatore”. Cardia - Parlando ancora della scalata, Fiorani racconda che anche “Cardia mi fece capire che non ci vedeva niente di male” nell'operazione di scalata all'Antonveneta messa in atto dall'ex Bpl. In particolare l'ex banchiere racconta di un incontro avuto nel  febbraio 2005 in Consob, con Lamberto Cardia, “un incontro  istituzionale al quale arrivai però dalla porta di servizio per  evitare l'interesse dei giornalisti sull'operazione”. Fiorani riferisce poi di avere spiegato al presidente di Consob l'operazione  in corso e di avergli fatto anche vedere “tutti gli affidamenti in  conto corrente dei clienti”. I fatti - Il 13 dicembre del 2005, a seguito degli sviluppi dell'inchiesta sul caso Antonveneta, Fiorani fu arrestato. Tornato in libertà il 13 giugno 2006, il 25 luglio 2007 la Procura di Milano ne chiese il rinvio a giudizio per associazione a delinquere, aggiotaggio manipolativo e informatico e ostacolo all'esercizio delle funzioni di vigilanza della Banca d'Italia. Fiorani e soci, secondo la ricostruzione degli inquirenti, si erano impadroniti del controllo totale dell'istituto della Banca Popolare di Lodi utilizzandolo sia per acquisire il controllo di altri istituti (per esempio la Popolare di Crema), ma anche e soprattutto per acquisire ingenti vantaggi patrimoniali in favore proprio e di terzi, gestendo e operando in pieno arbitrio, nell'assoluta assenza e nella presumibile complicità di organi interni, esterni e soprattutto istituzionali. Per coprire alcune perdite, inoltre, i clienti inconsapevoli si ritrovavano d'improvviso un clamoroso incremento delle spese per commissioni. In questo modo sono stati provocati ai piccoli risparmiatori della banca danni enormi. Inoltre è stato appurato che, alla morte del cliente se i parenti non intervenivano in tempi brevi alla chiusura del conto, venivano incamerati illegalmente dalla Banca.

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