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Lo scontro PdL-Lega si gioca sulle carceri

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Il dramma del sovraffollamento prossimo "dibattito" politico/ di Filippo Facci

Albina Perri
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di Filippo Facci- Non se ne parla, ma è sulle carceri che si gioca un classico esempio di conflitto sotterraneo tra PdL e Lega. Ecco perché c'è da sperare che il ministro Angelino Alfano, ieri, a Palazzo Grazioli, abbia discusso con Silvio Berlusconi  anche di questo problema molto politico ma soprattutto pratico: perché rischia di accadere un disastro - presto, magari col caldo, quest'estate - dopo del quale in troppi fingerebbero di cadere regolarmente dal pero, come al solito. C'è da sperare che tra costoro non rischi di esserci anche Roberto Maroni, ministro degli Interni che sta tenendo un comportamento non sempre comprensibile, o così pare. Nelle carceri italiane siamo a circa 70mila detenuti rispetto a una capienza di 44mila, e le presenze aumentano a ogni conteggio. Il problema non è nuovo, e nessuno vuol rischiare la lapidazione provvedendo all'ennesimo indulto Sovraffollamento Ma vediamo di riassumere. Nelle carceri italiane siamo a circa 70mila detenuti rispetto a una capienza di 44mila, e le presenze aumentano a ogni conteggio. Il problema non è nuovo, e siccome nessuno vuol rischiare la lapidazione provvedendo all'ennesimo indulto (come nel 2006, governo Prodi) il consiglio dei ministri ha deliberato un formale stato di emergenza, con Berlusconi che dapprima aveva addirittura pensato a un decreto legge.  Non si può dire che Alfano non abbia preso a cuore la faccenda sin dall'inizio: nel novembre 2008 ha annunciato il piano carceri, nel gennaio 2009 ha ottenuto il via libera e un commissario straordinario per l'edilizia carceraria,  il mese dopo ha presentato il programma per giungere ad almeno 18mila posti entro tempi decenti, e in maggio finalmente ecco il piano definitivo che poi, però, ha cominciato a invischiarsi: e gli annunci e ri-annunci si sono sprecati. Sinché, ora, rischia di esplodere il problema politico. Il problema non sono i dementi che di fronte allo sbattimento del ministro ebbero a titolare «Detenuti ammassati, persino Alfano se n'è reso conto» (Il Fatto) e neppure quell'Antonio Di Pietro che intravede «affari» dappertutto perché sul tema carceri, si sa, vorrebbe l'esclusiva. Il problema è chi dica perennemente: non è il momento, forse temendo che l'elettorato possa dire: ecco, c'è la crisi e loro spendono per i  galeotti. Sta di fatto che Alfano ha proposto, come da programma, la detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua e poi la messa in prova per chi sia imputato di pene che prevedono un massimo di tre anni di carcere: che è esattamente quanto a gennaio aveva approvato il consiglio dei ministri. Ma eccoci, proprio su questo, all'attrito già distrattamente trattato dai giornali di ieri: il ministro Maroni ha parlato di «valutazione negativa» del provvedimento «svuota carceri» - come è già stato improvvidamente ribattezzato - e questo per il plauso dell'Italia dei valori e di qualche confuso esponente del Pd nonché della Polizia di Stato, spaventata dall'aggravio che comporterebbe la sorveglianza di più detenuti ai domiciliari. Quanti? Si era parlato di 10mila, ma secondo l'Osapp (il sindacato penitenziario) non sarebbero più di quattromila. Le cose da non fare Maroni, ieri l'altro, ha detto che per liberare così tanti detenuti urgerebbe «una tecnologia sul modello del braccialetto elettronico»: ma è stato Maroni, tra l'altro, a bocciare proprio questa tecnologia Il problema sollevato in particolar modo da Maroni - l'impossibilità di confinare ai domiciliari chi un domicilio non ce l'ha, come i clandestini - in realtà non esiste, perché il provvedimento esclude in partenza «chi non ha un domicilio effettivo e idoneo»: ma ciò è bastato ad accomunare Di Pietro e Maroni nell'additare un «indulto mascherato». Tonino a parte: è un problema dunque politico, di comprensione o che altro? È un problema, questo è certo: irrisolto, ma che va risolto. Non aiutano risvolti anche paradossali: Maroni, ieri l'altro, ha detto che per liberare così tanti detenuti urgerebbe «una tecnologia sul modello del braccialetto elettronico»: ma è stato Maroni, tra l'altro, a bocciare proprio questa tecnologia: il che non impedisce che 400 braccialetti, inutilizzati, giacciano abbandonati al Viminale. Il Guardasigilli ha invitato i giornalisti, ieri, a non creare «fittizie ragioni di polemica» tra lui e Maroni, e comunque ha detto che 'stamattina riferirà al Consiglio dei ministri. Il 16 maggio, poi, il disegno di legge sarà in aula. Sta bene tutto, ma vedano di cavare un ragno dal buco. Lo sanno tutti che mancano i posti-carcere: mancano perché nessun governo vuole mai metterci i soldi e perché il costruire galere non porta voti; tantomeno porta voti il proporre misure normali e civili - ma poco virili - come gli arresti domiciliari per chi ha quasi finito di scontare la pena, appunto. Mancano i posti-carcere perché l'Italia negli ultimi lustri è stata oggetto dell'immigrazione che sappiamo, e il surplus, a badarci, corrisponde al numero degli stranieri incarcerati: punto sensibile della Lega, d'accordo. Senza contare che tira l'aria che tira, e che il governo - tutti i governi, in realtà - mira a sparpagliare più carcere per nuovi reati: dalla custodia cautelare obbligatoria per gli accusati di stupro alle improbabili retate dell'improbabile decreto sulla prostituzione.  Alla fine, gli 80mila posti-carcere auspicati dal ministro Alfano, tenendo conto dei tempi di realizzazione, rischiano di peccare addirittura di modestia alla stregua della terza corsia di certe autostrade: quando hai finito di costruirla, serve già la quarta. È esattamente quello che non deve succedere.

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