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Nuove Br, tredici condanne e un'assoluzione

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Polemiche e slogan in aula dopo la lettura della sentenza: "Ichino assassino"

Eleonora Crisafulli
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Si è concluso con 13 condanne e un'assoluzione il processo d'appello alle cosiddette nuove Brigate Rosse. La corte di Milano ha confermato l'impianto accusatorio che il 12 febbraio di tre anni fa aveva portato a smentellare la cellula. Ma, rispetto alla sentenza di primo grado del 13 giugno 2009, i giudici hanno assolto Federico Salotto, "perché il fatto non sussite", e ridotto la pena a sei degli imputati. I reati commessi sono banda armata, associazione sovversiva e detenzione di armi. Al giuslavorista e senatore del Pd Pietro Ichino, parte civile nel processo, i giudici hanno confermato un risarcimento di 100 mila euro, a carico degli imputati. Il docente, infatti, era uno degli obiettivi delle nuove Br. Dopo la lettura della sentenza, il pubblico presente in aula ha inveito al grido di "Ichino assassino!". Anche alcuni degli imputati presenti in gabbia si sono uniti ai cori "guerra di classe" e "rivoluzione". L'avvocato Giuseppe Pelazza, uno dei difensori, ha commentato così la decisione dei giudici: "Queste sono sentenze di un processo che fa parte di una battaglia politica e la corte, anche con questa sentenza, ha dimostrato di essere dalla parte del potere. La corte d'appello, come era già successo in primo grado, con questa decisione si pone dalla parte del potere e contro chi lo contesta. Si tratta di una sentenza politica. Non esiste una banda armata, né un'associazione con finalità eversiva. In questo processo si è applicata una punizione che eccede ogni condotta concreta. Si è punita la soggettività rivoluzionari". E ancora: "Si danno 14 anni e 7 mesi a chi è imputato, ma non ha attentato alla vita di nessuno".

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