Dell'Utri contestato anche quando non c'è
Un'altra vittoria dell'odio e dei lanciatori di statuette
di Gianluigi Nuzzi - Chissà cosa prova Massimo Tartaglia, lo psicopatico che ha rotto la faccia di Silvio Berlusconi tirandogli un modellino del Duomo in pieno volto. Era il dicembre scorso mica secoli fa. Chissà cosa prova leggendo sui giornali che Marcello Dell'Utri fugge dagli incontri letterari quando piccoli emulatori di Tartaglia lo coprono di insulti e democraticamente (sic!) gli impediscono di parlare perfino quando non c'è, come ieri sera a Milano. Chissà, magari Tartaglia penserà di aver ragione, di aver fatto bene. Allora è giusto. Bisogna odiare e bisogna riprovare. A lui o a uno dei tanti suoi cloni tornerà così la voglia di farsi giustizia. Animati da quella “nuova resistenza” invocata sul web, nelle piazze. Resistere, resistere, resistere. È ora di farla finita e di farla pagare. È questo il clima? Gianni Letta è andato all'inaugurazione a Venezia e si è beccato una pioggia di fischi, che seguono la contestazione dell'Aquila. Spontanei, organizzati? Difficile dirlo. È questo il clima? Gianni Letta è andato all'inaugurazione a Venezia e si è beccato una pioggia di fischi, che seguono la contestazione dell'Aquila. Spontanei, organizzati? Difficile dirlo. Di certo la contestazione scivola sempre più spesso in intolleranza che ci riporta in un film già visto, un film in bianco nero negli anni '70 quando quelli di Lotta Continua sabotavano i dibattiti pubblici proprio così, impedendo di parlare. Era il preludio, e come andò a finire se lo ricordano tutti. Come andrà a finire ora non è ancora chiaro. L'intolleranza si misura in tonalità diverse, sempre più ravvicinate. Certo, un fischio rimane pur sempre una sacrosanta espressione di dissenso, ma ci porta su un piano lontano dal contraddittorio. E senza contraddittorio non si va da nessuna parte, torna chi urla di più. Tornano i capipopolo, i contestatori, la violenza. All'università di Lecce una volta chiesi a Renato Curcio cosa provava a salire in cattedra, per una lezione agli studenti da tenere a pochi metri dall'Aula magna dedicata ad Aldo Moro. Per me è lunare, ma il fondatore delle Br rimase impassibile, fece spallucce e sparò una risposta vuota e deludente. Nessuno protesta quando gli ex terroristi si ergono a professori, nemmeno quando assassini discettano. Ma se Dell'Utri prova a parlare in un consesso pubblico, sotto un tendone scatta l'intolleranza che in certi animi sembra - come dire - genetica. Che si staglia contro il nemico all'improvviso, rompendo quell'atteggiamento ipocrita, “democratico” che scandisce l'apparenza del quotidiano. L'intolleranza ne invoca e determina altra, si mostra con volti sempre peggiori, animata da un giornalismo catastrofista che per necessità di pubblico e di vendita ci mette tutti sull'orlo di un baratro, nel quale però ovviamente non cadiamo mai. Il trucco è semplice, ma miete vittime. Se cadessimo lì dentro, nel baratro profetizzato, non si venderebbero più copie e i delatori dell'oggi non saprebbero più cosa scrivere e come campare. L'altra sera Marcello Dell'Utri - reduce dalla contestazione di Como - ha invitato moglie e figlie a cena in uno dei ristoranti più frequentati di Milano, come nulla fosse. Si è voluto far vedere da tutti. Dell'Utri è siciliano, comunica così il suo stato d'animo. Se ne fotte se lo fischiano. Se ne fotte se centinaia di persone gli gridano «Ma-fio-so». È dal 1992 che è salito sulla giostra della giustizia. È stato in carcere. Ha subito decine di processi e le sentenze diranno il suo grado di colpevolezza e di innocenza. Ma ha tutti i diritti di intervenire ai dibattiti come di essere eletto se stiamo ai codici e alla Costituzione. Se invece stiamo alla morale, al buon senso, vi fa più paura Dell'Utri che parla a un festival letterario o leader di partito come Antonio Di Pietro che incitano all'intolleranza, lanciano anatemi di “zittire i Dell'Utri nelle piazze”? Una fatwa. E Di Pietro, come crede che reagirà la gente dei movimenti? Alcuni impediranno ai Letta di passare indenne per la laguna sotto i flash della stampa mondiale. Difendo la libertà di parola. O la libertà di parola non vale per chi ci sta sui coglioni? Dice così l'articolo 21 della Costituzione? Altri magari passeranno al lancio di oggetti come accadde con Berlusconi. Pierluigi Battista, l'editorialista del Corriere della Sera, ha postato su Facebook questo sfogo: «Sto ricevendo valanghe di insulti su Dell'Utri zittito a Como. Io non difendo Dell'Utri, non mi importa di lui. Difendo la libertà di parola. O la libertà di parola non vale per chi ci sta sui coglioni? Dice così l'articolo 21 della Costituzione? Se dice così, non capisco più cosa sia la tolleranza democratica». Battista prova a nuotare nell'acqua fredda e gelida dell'intolleranza. Non c'è più spazio per moderare i toni e proporre il ragionamento. I Dell'Utri e i Berlusconi verranno zittiti nelle piazze. Con le buone o con cattive. Con le parole o lanciando santini di marmo. A spaccare le labbra, frantumare i volti di chi sta sui coglioni. E basta. Provate poi a chiedere di chi è la colpa di tutto ciò, ai revisionisti dello scontro, a chi invoca ancora la resistenza, e vi verrà detto un solo cognome. Quale? Ma non l'avete capito? Ber-lu-sco-ni. È colpa sua, mica di altri. Se poi ci scapperà il morto state tranquilli, quello stronzo si sarà ammazzato da solo.