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Rifiuti a Napoli, in fiamme un altro autocompattatore

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Per il procuratore del capoluogo, non c'è la camorra dietro alle proteste. Il prefetto ricorda che la costruzione di tre termovalorizzatori non è ancora iniziata

carlotta mariani
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Napoli ancora nel caos. Nella notte tra il 27 e il 28 settembre è stato incendiato un autocompattatore nel quartiere Montecalavario da una decina di uomini con il volto coperto da caschi. L'autista, accortosi di uno strano rumore, è riuscito ad uscire dal veicolo giusto in tempo. Il mezzo è stato distrutto e sono stati danneggiati cavi dell'elettricità e alcune auto parcheggiate. L'incidente non ha impedito ad altri camion di riversare la spazzatura nella discarica di Terzigno dove continuano le proteste contro l'apertura di una nuova centro per la raccolta di rifiuti. Alcuni manifestanti hanno tirato sassi contro gli agenti che scortavano gli autocompattatori. Una carica di alleggerimento della polizia ha poi disperso i dimostranti. I preti della zona, hanno detto che "l'aria malsana sta rendendo invivibile la vita dei cittadini e la paura per la salute sta creando una fuga di famiglie". Intanto si è conclusa l'occupazione dei sindaci nella sede della giunta provinciale di Napoli grazie a un incontro con il presidente della Provincia e l'assessore all'Ambiente. "Le ipotesi possono essere molteplici, ma dalle prime analisi non si può dire camorra”. Secondo il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore, i clan non c'entrano con le violenze e le tensioni provocate dalla creazione di una nuova discarica nel napoletano. Lo ha detto a margine dell'incontro con i piccoli imprenditori a cui ha partecipato anche il ministro dell'Interno Roberto Maroni. "Le reazioni nei confronti dei camion che trasportano immondizia – ha sottolineato - avvengono sempre". La camorra sembrerebbe piuttosto un “"alibi per giustificare tante cose”, almeno per il momento.  Secondo il procuratore, il Governo e gli enti locali non si sono impegnati abbastanza. Per risolvere, l'emergenza non servono le discariche, “che vanno a esaurimento” ma inceneritori. “Fino a oggi ho sentito solo parole e non ho visto mettere pietre" ha precisato Lepore. D'accordo il prefetto di Napoli, Andrea De Martino, che ha ricordato ai componenti della commissione d'inchiesta sul Ciclo dei rifiuti, 'Ecomafie', che "dei quattro termovalizzatori previsti, solo uno è in funzione e degli altri tre la costruzione non è iniziata". All'appello mancherebbero gli impianti Napoli, Salerno e Santa Maria la Fossa (Ce). Il prefetto ha precisato che nella regione c'è anche il problema dell'indebitamento dei comuni verso lo Stato che rischia di far riproporre l'emergenza "in qualsiasi momento, finchè i consorzi non recupereranno credito dai comuni". Il ministro Maroni si difende ricordando che c'è "un piano approvato dal Parlamento che deve essere attuato, deve essere un'azione coordinata tra governo centrale e governi del territorio".

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