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Questione morale: il padre-padrone Di Pietro è un uomo solo

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Terremoto nell'Idv: consensi, sondaggi truccati e leadership sotto accusa. E' fuga dal partito di Tonino

Giulio Bucchi
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Antonio di Pietro come Craxi, bersaglio delle monetine del pubblico inferocito. Cambia l'anno, non siamo nel 1993, e la location: il Tonino-bersaglio stava a Matera, e non all'hotel Raphael di Roma. Già, una questione morale nell'Italia dei Valori esiste. Eccome. Per ultimo, a ricordarlo al leader del movimento, è stato Antonio Razzi, il deputato che alla vigilia del voto di fiducia del 14 dicembre ha abbandonato l'Idv. Meta, la maggioranza di Silvio Berlusconi. I RAPPORTI CON DE MAGISTRIS - La critica di Razzi coinvolge i rapporti tra Di Pietro e lo stesso De Magistris, "rinviato a giudizio per omissione di atti di ufficio perché non avrebbe indagato, nonostante l'ordine del Gip, su un caso di collusione tra magistrati di Lecce e magistrati di Potenza con ipotesi di reato gravissime", aggiunge Razzi, "che vanno dall'associazione per delinquere all'estorsione". Insomma, si ribadisce che la questione morale c'è, eccome, e riguarda Di Pietro e gli stessi uomini che lui ha scelto e difeso. "De Magistris", conclude Razzi,  "doveva autosospendersi dalla carica, volente o nolente, in quanto il codice etico del partito lo impone. Antonio Di Pietro lo ha difeso a spada tratta invece ponendo una deroga a quanto egli stesso prescrisse". SUPER SCILIPOTI - Insieme a Razzi, a voltare le spalle a Tonino, è stato l'ormai celeberrimo Domenico Scilipoti. Anche in questo caso la "svolta" è arrivata poco prima che la Camera votasse la sfiducia bramata da Gianfranco Fini (sfiducia al Cavaliere che, puntualmente, non si è concretizzata). Scilipoti ha cercato di spiegare che la sua era stata una scelta "di responsabilità politica". Niente da fare, però. Prima ci si sono messi i suoi stessi compagni di partito - Scilipoti ha parlato di vere e proprie minacce ricevute dai vertici della "nomenklatura" -, poi è stato il turno dei media e dei parlamentari di opposizione ("venduto", "corrotto", "voltagabbana", "mezz'uomo" e via dicendo"). Infine non poteva mancare Santoro, che ha spedito la sua troupe a Barcellona Pozzo di Gotto per intervistare la madre - novantenne - del deputato. Il gesto ha scatenato la divertente (e divertita) ira di Scilipoti, che ha trovato massimo sfogo nell'indimenticabile show trasmesso dall'etere di Radio 1. FLORES D'ARCAIS: "SONDAGGI TRUCCATI" -  Facile puntare il dito, parlare di compravendita di parlamentari e mercato delle vacche. Ma guardiamo in casa Idv. Se non bastasse l'accusa lanciata in queste vacanze natalizie dall'intellettuale Paolo Flores D'Arcais (alfiere del partito, che però ha messo sotto accusa Tonino Di Pietro, tacciato di truccare un sondaggio sulla trasperarenza nel suo parito), possiamo fare un tuffo nel passato per ricordare tutte le incongruenze che hanno animato il partito della legalità. Il cartello elettorale del padre-pardone che, però, viene abbandonato. "INDEGNITA' MORALE" - Partiamo dal 2005, quando Beniamino Donnici si permise di dire che l'Idv avrebbe dovuto aderire subito al progetto riformista di Romano Prodi, prima tappa verso la nascita del Partito Democratico. Donnici contestò la decisione di Di Pietro di candidarsi alla primarie dell'Unione, e affarmò di voler sostenere Prodi. Il democratico risultato fu l'espulsione  - senza appello - di Donnici dall'Italia dei valori. Il motivo? "Indegità morale". INDULTO E DE GREGORIO - Torniamo poi al 2006, quando con il sostegno del centrodestra, al posto della rifondarola Lidia Menapace, fu eletto presidente della Commissione difesa Sergio De Gregorio. Il deputato accettò l'incarico, anche se l'Idv, in un vortice di controsensi, gli chiedeva di declinare l'offerta. Si trattava proprio di quel Sergio De Gregorio finito nell'inchiesta Telecom Sparkle. Certo, vero, l'Idv quando sono sbucati i fondi neri, De Gregorio lo aveva già abbandonato. Lo aveva fatto proprio nel 2006, pochi giorni dopo lo scontro sulla Commissione e pochi giorni dopo le plateali manifestazioni di Tonino sotto Palazzo Madama. Di Pietro cercava di boicottare l'indulto promosso dalla sua stessa coalzione, che all'epoca governava.  Ma a favore di quell'indulto votò una deputata dell'Idv. E' Federica Rossi Gasparrini, e contro di lei si concentrò il fuoco incrociato dei pasdaran dipietristi. Morale, lei fa "ciao ciao" con la manina e va con Mastella. Per inciso, anche De Gregorio, sull'indulto, preferì astenersi. Come a dire, "noi nel partito del tiranno Di Pietro non ci vogliamo rimanere". Esattamente quello che pensano Razzi - in maniera - e l'ex fido alleato De Magistris - in modo meno esplicito. FRANCA RAME - Andiamo avanti di un anno, siamo nel 2007. La defezione è di quelle pesanti. Si tratta di Franca Rame, la moglie di Dario Fò, portata in pompa magna dall'Idv in Senato. Franca non condivide alcune scelte del gruppo, in particolare quella di non votare a favore dello scioglimento della società per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina. Insomma: Di Pietro ordina, il partito obbedisce. Ma il dissenso cresce, e le persone l'Idv possono anche abbandonarlo. Così fa la Rame, come un mese prima aveva abbandonato Salvatore Raiti.  Meglio il Partito Democratico. Meglio evitare le bizze di Tonino.  Ancora nel 2007, il movimento Repubblicani Democratici guidato da Giuseppe Ossorio preferì rescindere l'accordo con l'Idv. Non per fare salti (politicamente) pindarici, ma per stringere un'alleanza con i nascenti Democratici. Esattamente come il deputato Salvatore Raiti, che lasciò La Rete per aderire al Pd. Sarà proprio vero che quelli di Scilipoti, Razzi e De Magistri (perchè no...) siano solo capricci, fregnacce e tradimenti?

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