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Saviano e i giudici: facile fare gli eroi nella bambagia

Il cattivo del Villaggio

Giulio Bucchi
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Ho letto il pezzo di ieri di Roberto Saviano su Repubblica. Sono d'accordissimo. Nelle primarie di Napoli del Pd è venuta a galla la vera essenza della cultura mafiosa e, purtroppo, ormai di tutto quello che noi, per anni, abbiamo chiamato orgogliosamente il Bel Paese. Saviano è giovane. Beato lui. La mia generazione aveva una visione delle cose molto limitata: i formaggi, la cucina, i vini, le ragazze, la Ferrari, Meazza, Piola, gli zii, i topi italiani erano di gran lunga i migliori del mondo. Mondo che, peraltro, nessuno di noi aveva mai visto. Saviano è l'idolo dei miei figli e nipoti. Ha dedicato la sua laurea honoris causa ai giudici di Milano. È stato un atto di grande risonanza mediatica, ma forse non un atto di grande coraggio, come quelli  che hanno fatto molti poveracci sopravvivendo alla Seconda tragica guerra mondiale. Ha fatto inchieste importanti, scritto libri denuncia, si è battuto per la libertà di pensiero e per i prigionieri politici nei Paesi sudamericani, arabi e africani, vivendo però in Italia e scortato di tutto punto. Se avesse detto e scritto le stesse cose da quelle parti, lo avrebbero fatto fuori. L'accanimento dei giudici di Milano li ha fatti diventare degli eroi nazionali, ma loro si muovono nel bunker ben protetto della democrazia; Garibaldi l'hanno esiliato a Caprera, Che Guevara l'hanno trucidato e Craxi l'hanno fatto morire in Tunisia.

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